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Chi rottama paga le spese di lite

La Cassazione con una recente pronuncia ha stabilito che se il contribuente decide di “rottamare” le pretese tributarie oggetto di giudizio, deve essere condannato a pagare le relative spese di lite.

Precisamente, un contribuente impugnava, con ricorso, un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Il ricorso veniva rigettato sia dalla Commissione Provinciale, che dalla successiva Commissione Regionale, quindi veniva proposta impugnazione avanti la suprema Corte di Cassazione.

Nel frattempo, il legislatore emetteva il Decreto Legislativo n. 193/2016 che all’art. 6 prevede la possibilità della definizione agevolata delle pretese iscritte a ruolo (Rottamazione). Tuttavia, in tale istanza vi è espressamente indicato che il contribuente deve impegnarsi a rinunciare agli eventuali contenzioni in essere.

Ebbene, la Cassazione, pur dando atto della presentazione dell’istanza per la “rottamazione” e quindi aver dichiarato il giudizio estinto, ha condannato parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.

La Cassazione ha precisato che: ”La parte rinunziante va tuttavia condannata alle spese processuali, liquidate come in dispositivo, in considerazione della sua soccombenza virtuale” (Cass. n. 8377 del .31 marzo 2017).

La Suprema Corte ha elaborato il seguente ragionamento: nel caso in cui il giudizio fosse continuato il contribuente avrebbe comunque perso, quindi quest’ultimo deve essere condannato alle spese di lite.

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