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Presupposti dell’accertamento analitico-induttivo ed interesse nell’impugnazione

Se non si impugna un motivo specifico che ha accolto la sentenza non vi è più interessa a contestarla e l'impugnazione sarà inammissibile

La Cassazione, con la recente Ordinanza n. 26648 del 10 novembre 2017, ha introdotto due importanti principi in tema di accertamento analitico-induttivo (sui presupposti ex art. 39, comma 1, let. d) D.p.r. n. 600/1973) e sull’interesse giuridico di impugnazione di una sentenza.

(presupposti dell’accertamento analitico-induttivo)

Nei fatti, la società ricorrente (una Snc) e i relativi soci impugnava vari avvisi di accertamenti (avviso della Società notificato alla società ed anche ai soci, i successivi avvisi notificati solo ai soci per il principio di trasparenza), per diversi motivi.

In particolare, veniva contestato che il recupero fiscale era relativo ad un accertamento analitico-induttivo (art. 39, comma 1, let. d) D.p.r. n. 600/1973), quindi i presupposti sono:

  1. Disconoscimento della contabilità (almeno in parte);
  2. Dare la prova dell’inattendibilità delle scritture contabili;
  3. Utilizzo, sulle omissioni e sulle false o inesatte indicazioni contabili, di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Questi sono i presupposti per l’applicazione dell’accertamento analitico-induttivo, nulla rileva il semplice scostamento dagli studi di settore.

Sul punto la Suprema corte ha affermato: “l’accertamento condotto con metodo analitico induttivo, come quello in esame, trova il suo presupposto nella parziale inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, di guisa che l’Ufficio accertatore è legittimato a completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2719 c.c. (Cass. n. 24278/2014), la CTR ha escluso la legittimità dell’accertamento in esame sulla considerazione che l’ufficio non aveva provato, nemmeno presuntivamente, la inattendibilità delle scritture contabili, costituente autonoma ratio decidendi” (Cass. 26648/2017).

 

(principio dell’interesse giuridico per l’impugnazione)

In riferimento al principio dell’interesse ad impugnare, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione, per la riforma delle CTR (che, come la CTP prima, aveva dato ragione ai ricorrenti), ma non impugnava formalmente un specifico motivo fi ricorso: i presupposti dell’accertamento analitico-induttivo (come sopra rappresentati).

L’Ufficio allegava un motivo di impugnazione della sentenza della CTR che non riguardava fatti controversi. Precisamente, la CTR confermava la pronuncia di annullamento degli avvisi non perché l’accertamento era relativo a un lieve discostamento dagli studio di settore, ma perché l’accertatore MAI AVEVA CONTESTATO L’ATTENDIBILITA’ DELLE SCRITTURE CONTABILI della società (presupposto del tipo di accertamento mosso).

Quindi, non veniva impugnato il capo della sentenza che accoglieva il motivo dei ricorrenti relativo a:

  • assenza del disconoscimento delle scritture contabili;
  • mancata individuazione dei presupposti gravi, precisi e concordanti (per dimostrare l’esistenza di componenti positivi non dichiarati).

Sul punto la Cassazione ha affermato: “ne consegue che, nel caso di specie – e per tutti i ricorsi esaminati – trova applicazione il principio secondo il quale “ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni [motivi di impugnazione n.d.a. dell’articolo], distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse,  la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (da ultimo, Cass, 9752/2017)” (Cass. n. 26648/2017).

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