60 giorniArt. 12 StatutoAvvisi di accertamento e di addebito

Accertamento senza contraddittorio, serve la “prova di resistenza”

Il ricorrente, per principio di correttezza, deve argomentare su cosa poteva riferire all'Ufficio

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2873 del 02 febbraio 2018, ha confermato, in materia di tributi “armonizzabili” (di competenza anche della Comunità Europea), l’obbligo di rispettare il termine dilatorio dei 60 giorni ex art. 12, comma 7, Statuto Contribuenti.

Precisamente, è illegittimo l’atto impositivo, con oggetto IVA, emesso ante tempus (prima del termine dei 60 giorni dalla notifica del P.V.C.). Ciò, in rispetto del diritto di difesa del contribuente che, entro tali 60 giorni, può presentare osservazioni e richieste all’Ufficio.

Tuttavia, i Giudici di Piazza Cavour hanno introdotto un ulteriore principio che delimita e specifica tale diritto del contribuente.

Vi è la violazione di tale art. 12, comma 2, Legge n. 212/2000, se il contribuente argomenta cosa, in concreto, avrebbe potuto riferire ed allegare nella memoria che avrebbe potuto prestare all’Ufficio entro tali 60 giorni.

Questa è la, cosiddetta, prova di resistenza. In ottemperanza al principio di correttezza e buona fede tra Amministrazione e contribuente, il ricorrente non può limitarsi a sole frasi di stile, ma deve “assolvere l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (Cass. n. 2873/2018).

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