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Accertamento su persona fisica: non basta dimostrare che i movimenti del conto derivano da rapporti familiari

Per la Corte Costituzionale il professionista non deve giustificare i prelievi bancari

La Cassazione, con l’ordinanza n. 7277 del 23 marzo 2018, ha affermato che le movimentazioni bancarie sospette della persona fisica non sono giustificabili qualora derivano da semplici rapporti di debito-credito con i familiari.

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La fattispecie

Ad una contribuente l’Agenzia delle Entrate rettificò, con accertamento sintetico ex art. 38 D.p.r. n. 600/1973, le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2003 e 2004.

L’Ufficio, in particolare, fece leva sul reddito di capitale scaturente dall’acquisizione di azioni di valore di gran lunga superiore a quello complessivo dichiarato.

La contribuente impugnò i relativi avvisi di accertamento, ma la CTP rigettava il ricorso. Tuttavia, la CTR accoglieva l’appello evidenziando che la contribuente aveva sufficientemente documentato che le movimentazioni bancarie valorizzate dall’Ufficio si inquadravano su operazioni di sistemazione di rapporti credito-debito intercorsi tra familiari.

L’Agenzia delle Entrate di correva in Cassazione lamentando la non corretta applicazione, da parte della CTR, delle disposizioni dell’art. 32, comma 1, n. 2, e dell’art. 38 D.p.r. n. 600/1973 (accertamento sintetico).

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Sull’art. 32, comma 1, n. 2, D.p.r. n. 600/1973

Tale norma precede: “I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18 comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.

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Sull’art. 38 D.p.r. n. 600/1973 (accertamento sintetico)

Orbene, ai fini delle imposte sui redditi, per i contribuenti percettori di reddito non determinato in base a scritture contabili (persone fisiche), oltre alle altre tipologie di avvisi di accertamento (metodo analitico, metodo analitico-induttivo e metodo induttivo, tutti ex art. 39 D.p.r. n. 600/1973), vi è anche l’accertamento, cosiddetto, sintetico disciplinato, appunto, dall’art. 38 D.p.r. n. 600/1973.

Con l’accertamento sintetico l’Ufficio procede a rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione.

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Premessa (prelievi dal conto per il professionista)

Innanzitutto, è opportuno precisare che la Corte Costituzionale, con la famosa sentenza n. 228 del 6 ottobre 2014, ha dichiarato incostituzionale l’applicazione dell’art. 32, comma 1, numero 2) secondo periodo del D.p.r. n. 600/1973 in relazione ai titolari di reddito da lavoratore autonomo (professionisti).

La Consulta ha chiarito che anche se le figure di imprenditore e lavoratore autonomo sono per molti versi affini, non è possibile equipararle per quanto attiene alla presunzione che il prelevamento dal conto bancario corrisponde ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Ciò perché l’attività dei lavoratori autonomi, a differenza degli imprenditori, si caratterizza per la prevalenza del proprio lavoro e la marginalità dell’apparato organizzativo, apparato che, peraltro, per alcune tipologie di lavoratori.

La Corte Costituzionale ha, quindi, affermato: “nel caso di specie la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”.

Quindi il lavoratore autonomo, libero professionista, non è obbligato a giustificare le proprie uscite (prelievi) dal suo conto corrente, ma solamente le relative entrate (versamenti).

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La decisione

Orbene, la Suprema Corte, con l’ordinanza qui in commento, ha statuito che la persona fisica, oggetto di accertamento sintetico, è obbligata a giustificare che il reddito, presunto da prelievi bancari, è esente o quantomeno soggetto a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. In buona sostanza, la persona fisica non può superare la presunzione legale (relativa) dell’Ufficio dichiarando che le movimentazioni bancarie derivano da rapporti debito-credito intercorsi tra familiari.

Al contribuente persona fisica, pertanto, non si applica il principio della Corte Costituzionale n. 228/2014. Essendo quindi presunzioni relative il contribuente dovrà dimostrare, in modo analitico, la provenienza delle somme a credito ed anche quelle a debito.

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