InteressiMotivazione atti

Intimazione di pagamento: interessi illegittimi

Se non c'è stato un precedente avviso di accertamento, l'obbligo di motivazione per gli interessi è maggiore

La CTP di Vicenza, con la Sentenza n. 688 del 9 ottobre 2017, ha confermato l’illegittimità degli interessi applicati dal Riscossore, anche per le intimazioni di pagamento, perché immotivati.

La Sentenza qui in commento (interessante anche per l’affermazione sulla questione che con una intimazione non può aver come oggetto diverse ed eterogenee pretese) ha confermato il principio della giurisprudenza sulla chiara motivazione dei calcoli degli interessi (si veda News del 04 maggio 2018 e del 21 aprile 2017).

Questa pronuncia, però, rimarca un importante passaggio.

Nel caso in cui l’atto impugnato (che sia un cartella oppure la successiva intimazione di pagamento), gli interessi devono essere supportati da un maggior rigore nella motivazione.

Si deve comprendere: il tasso applicato per singoli periodi, la tipologia di tasso ed i calcoli che hanno portato a tale pretesa (in ottemperanza all’art. 7 e 17 della Legge n. 212/2000 e l’art. 3 della Legge 241/1990).

Invece, se l’intimazione deriva da un atto impositivo (ad esempio un avviso di accertamento immediatamente esecutivo), la motivazione che sorregge la pretesa degli interessi può essere meno rigorosa. Il Diritto di difesa del contribuente, in tal caso, è già stato soddisfatto con il precedente atto impositivo.

Precisamente: “ora, l’intimazione di pagamento, quando essa non sia stata preceduta – come nella specie – da un atto impositivo presupposto ritualmente notificato al contribuente, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni atto amministrativo, dell’art. 3 L. n. 241/1990, e recepito, per la materia tributaria, dall’Art. 7 L. n. 212/2000)CTP Vicenza n. 688 del 22 settembre 2017.

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