60 giorniIvaPrecedente Contraddittorio

IVA. Serve il contraddittorio preventivo, ma con prova di “resistenza”

Serve, subito, la chiara e concreta indicazione di tutte le azioni e documenti

La Suprema Corte, con la ordinanza n. 21767 del 7 settembre 2018, ha confermato l’obbligatorietà del preventivo contraddittorio con il fisco, prima della notifica di avviso di accertamento, anche se le indagini fiscali sono state effettuate a “tavolino”. Quest’ultimo vi è quanto l’Agenzia non esegue accessi, ispezioni o verifiche nei locali del contribuente, ma fa semplice richiesta a quest’ultimo di portare i documenti, fatture e i bilanci (vedi News del 14/11/2017).

Precisamente:

  • nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate attiva le indagini fiscali facendo accesso ai locali del contribuente obbligatoriamente deve essere redatto il Verbale di conclusione di tali indagini e deve essere rispettato il termine di sessanta giorni ex art. 12 comma 7 della L. 212/2000, prima della notifica dell’avviso di accertamento (Cass. Sezioni Unite n. 18184/2013);

  • nel caso invece di controllo senza accesso ai locali (controllo a “tavolino”) non vi è il rispetto di tale termine di 60 giorni e, di conseguenza, sorge la necessità di valutare se deve essere attuato un preventivo confronto con l’Agenzia (preventivo contraddittorio), prima della notifica dell’Avviso di accertamento.

Su tale ultimo punto si è concentrata la Cassazione qui in commento.

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La fattispecie

Un contribuente impugna un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per più anni e per diverse imposte (Ires, Irap e IVA). La CTP dava ragione alla Società contribuente perchè l’Agenzia delle Entrate aveva emesso l’avviso prima dei 60 giorni (ex art. 12 comma 7 della L. 212/2000) dalla richiesta di documenti fatta alla Società (controllo a “tavolino”).

La CTR accoglieva l’appello dell’Ufficio riformando la decisione di primo grado precisando che l’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 non si applica per i controlli a “tavolino”.

La Società contribuente ricorre in Cassazione.

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha confermato il principio della Sentenza Sezioni Unite n. 24823/2015 (vedi News del 10/12/2015) ed ha precisato che anche per gli accertamenti a “tavolino” si deve rispettare il termine di 60 giorni dopo la richiesta di documenti, appunto per dare al contribuente la possibilità di espletare un contraddittorio preventivo, ma con due condizioni:

  • se tale obbligatorio contraddittorio preventivo non è previsto dalla legge Italiana, si deve attivare solo per i tributio europei (i cosiddetti Tributi armonizzati, vedi news del 12/09/2017), tipo l’IVA;

  • se si tratta di tributi IVA (oppure tale obbligatorio contraddittorio preventivo è previsto dalla legge Italiana) il contribuente deve sempre attivare la cosiddetta prova di “resistenza”.

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La prova di “resistenza”

Quest’ultima è la chiara e concreta indicazione, fin dal ricorso introduttivo, di tutte quelle azioni o dei documenti che avrebbe potuto il contribuente attivare o presentare se vi fosse stato tale effettivo contraddittorio preventivo.

In buona sostanza, la Cassazione pretende (nei casi in cui debba esserci un contraddittorio preventivo) che il ricorrente non utilizzi semplici e generiche enunciazioni o frasi di stile, ma indichi una vera e propria lesione del proprio diritto di difesa.

Diritto che non si sarebbe leso se vi fosse stato tale contraddittorio preventivo, come ad esempio: l’esistenza di documenti che se considerati dall’Ufficio non sarebbe stato emesso l’Avviso oppure notificato per importi minori; possibile attuazione di particolari strumenti come il ravvedimento, la Definizione Agevolata (se c’erano i presupposti anche temporali).

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