Ritenuta d'acconto

Alle Sezioni Unite la problematica della ritenuta d’acconto

La Cassazione dovrà decidere chi è obbligato a pagare tale trattenuta d'acconto

La Cassazione, con l’Ordinanza interlocutoria n. 31742 del 07 dicembre 2018, ha affrontato il grosso problema in tema di sostituzione a titolo di acconto, dell’obbligo di corrispondere la ritenuta d’acconto.

La Suprema Corte ha dato atto dell’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali e, pertanto, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Cassazione per l’assegnazione alle Sezioni Unite (con l’introduzione dei “minimi allargati” della Legge di Stabilità n. 145/2018 non si dovrà, per chi ne ha i requisiti, operare tale ritenuta).

Tuttavia, tale ordinanza è interessante ed utile perché sunteggia i due orientamenti contrastanti, spiegandone anche i motivi.

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La fattispecie: la ritenuta d’acconto

Orbene, subito definiamo la ritenuta d’acconto. Essa è una trattenuta che viene operata dal datore di lavoro o da altro soggetto a partita Iva nei confronti di un collaboratore, o fornitore (professionista o lavoratore autonomo), sul compenso che rappresenta un anticipo (un acconto, appunto) sulle imposte di quest’ultimo.

In sostanza con la ritenuta d’acconto, una parte del compenso non viene pagato al collaboratore o al fornitore (professionista o lavoratore autonomo), ma viene erogato direttamente allo Stato come acconto sull’IRPEF. Per meglio comprendere facciamo un esempio.

Un professionista collabora con una Società e la sua prestazione ammonta ad €1.000,00. Quindi, se non ci fosse la ritenuta d’acconto, il professionista emetterà una fattura considerando i contributi e l’IVA del seguente tenore:

Onorari

1.000,00

Contributi (4%)

40,00

Totale imponibile

1.040,00

Iva 22%

228,80

Totale fattura

1.268,80

Tuttavia lo Stato vuole il suo anticipo sulle imposte che il professionista andrà a pagare con la sua dichiarazione dei redditi.

Quindi l’Amministrazione Finanziaria impone alla Società, che ha ricevuto la prestazione, di anticipare (per il professionista) il 20% delle imposte, che quest’ultimo andrà a pagare con la dichiarazione.

In tale caso, per tale ritenuta d’acconto, il professionista che ha emesso fattura sarà il sostituito e, invece, la società che riceve la fattura sarà il sostituto. La Società sostituirà il professionista nel pagamento del 20% delle imposte per la relativa fattura.

La corretta fattura emessa sarà:

Onorari

1.000,00

Contributi (4%)

40,00

Totale imponibile

1.040,00

Iva 22%

228,80

Totale fattura lorda

1.268,80

Ritenuta d’acconto

200,00

Netti da pagare

1.068,80

Entro il 16 del mese successivo dell’emissione della fattura il sostituto dovrà versare allo Stato il 20% operato nella fattura, in sostituzione del professionista.

In caso di mancato pagamento di tale ritenuta d’acconto, lo stesso professionista, sostituito, sarà soggetto al pagamento di tale 20%, ma con pesanti sanzioni ed interessi per il tardivo adempimento dell’obbligo fiscale da parte del sostituto (tale mancato pagamento il professionista potrebbe conoscerlo anche dopo anni).

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L’anomalia del sistema e le giurisprudenze contrastanti

Tale perverso sistema di anticipo da parte di soggetto diverso di colui che ha generato il reddito imponibile ha creato (e sta creando) grosse difficoltà. E’ una storpiatura tutta italiana per garantire un introito anticipato allo Stato.

Tuttavia, come sopra anticipato, tale Ordinanza interlocutoria n. 31742/2018 ha ben inquadrato le motivazioni dei due orientamenti giurisprudenziali.

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Primo orientamento

Tale giurisprudenza afferma che sia il sostituto che il sostituito sono entrambi obbligati a corrispondere il 20% della ritenuta d’acconto. Quindi se il professionista (sostituito), che ha subito la trattenuta, scopre dopo anni che il sostituto non ha versato tale ritenuta, lui la deve pagare anche se con sanzioni e interessi elevati.

Questa interpretazione si basa sull’art. 1294 c.c. (solidarietà tra condebitori). Tutti e due (sostituto e sostituito) sono debitori dello Stato per tale ritenuta d’acconto.

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Secondo orientamento

Questo secondo orientamento arriva a conclusioni opposte al primo. Solo il sostituto deve pagare tale ritenuta d’acconto ed il sostituito non può essere obbligato a corrispondere tale ritenuta se dimostra che non l’ha mai incassata.

Questo sotto diversi punti di vista:

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A – L’art. 64 D.p.r. n. 600/1973 prevede l’istituto del sostituto d’imposta. Quindi tale ritenuta d’acconto è previsto da una normativa speciale e, pertanto, non si deve applicare quella generale dell’art. 1294 c.c..

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B – L’art. 22 del D.p.r. 917/1986 subordina lo scomputo delle ritenute d’acconto alla sola condizione che tali ritenute siano state operate, cioè che nella fattura siano state scomputate e che il sostituito non le abbia percepite.

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C – Dissociazione dei pagamenti. Se si vuole considerare l’applicazione dell’art. 1294 c.c. si esclude l’effetto della specifica norma dell’art. 64 D.p.r. n. 600/1973. Quindi nel caso di sostituzione a titolo d’acconto, il sostituito è obbligato al pagamento d’imposta “in luogo di altri”, e vi sarebbe una dissociazione con la realtà fattuale. E’ solo il sostituto obbligato a pagare l’acconto, invece il sostituito non è chiamato a pagare tale ritenuta d’acconto, ma deve solo realizzare il presupposto del pagamento di tali imposte.

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D – Distinzione tra sostituto a titolo d’imposta e sostituto a titolo d’acconto. L’art. 64 D.p.r. n. 600/1973 disciplina la ritenuta d’acconto, invece l’art. 35 D.p.r. n. 602/1973 prevede la ritenuta a titolo di imposta. Quest’ultima è differente dalla ritenuta d’acconto.

La ritenuta a titolo di imposta è il pagamento a titolo definitivo per una determinata parte di reddito, non si dovrà pagare altra imposta per tale reddito (si pensi ad esempio le trattenute operate degli istituti di credito per le somme presenti nei conti correnti).

La ritenuta a titolo d’acconto, invece, è, appunto, un acconto sulle imposte per relativo reddito, su tale reddito successivamente si potrà corrispondere ulteriore imposta (ad esempio le trattenuta applicate dal datore di lavoro, oppure per le prestazioni eseguite da professionisti, qui in analisi).

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E – Diversi presupposti giuridici. Il sostituto deve pagare la ritenuta in base a specifiche disposizioni di legge, il sostituito è debitore dell’importo risultante dalla sua dichiarazione dei redditi, è indipendente dal pagamento di tale ritenuta d’acconto.

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F – Mancata conoscenza del pagamento delle ritenute subite. Il sostituito non ha conoscenza dell’effettivo pagamento di tali ritenute. Egli riceverà dal sostituto solo una dichiarazione attestante le ritenute operate e non anche se effettivamente versate.

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G – Art. 22 D.p.r. n. 917/86 La questione legittimante perché il sostituito scomputi la ritenuta non è il versamento della ritenuta, ma solo la relativa effettuazione.

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H – L’art. 36 ter D.p.r. n. 600/1973 (controllo formale) La stessa procedura dei controlli formali esclude i controlli dell’ufficio se il sostituito dimostra documentalmente che le ritenute sono state effettuate, non versate.

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I – Doppia imposizione. Laddove il sostituito fosse costretto a pagare nuovamente l’amministrazione finanziaria, potrebbe rischiare di subire una doppia imposizione. Per di più, nel caso in cui, per qualsiasi motivo, non riuscisse a rivalersi sul sostituto.

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