Disconoscimento fotocopia. Deve essere tempestivo, chiaro, circostanziato ed esplicito
Anche la notifica PEC degli atti tributari deve essere disconosciuta, tempestivamente ed specificatamente

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 3540 del 06 febbraio 2019, ha affrontato, nuovamente, le modalità di disconoscimento di copia semplice di documenti prodotti in giudizio. E’ la situazione in cui una parte si avvale di documenti prodotti solo in copia, per provare il suo diritto. L’altra parte può formalmente disconoscerne la riferibilità di tali copie semplici, con gli originali non prodotti.
In buona sostanza la parte avversaria può chiedere al Giudice di far produrre gli originali (oppure una copia autenticata degli stessi), perché “non si fida” delle copie semplici prodotte.
In tal caso il Giudice adito dovrà, preliminarmente, valutare:
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se i documenti prodotti in copia semplice sono necessari per il decidere;
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se, assieme ad altri documenti prodotti o altre prove prodotte, il Giudice può già valutare l’attendibilità e la veridicità delle copie semplici prodotte.
Dopo tali valutazioni il Giudice può autorizzare la produzione degli originali, entro un determinato termine.
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Tuttavia è essenziale che la contestazione del disconoscimento delle copie prodotte verso gli originali sia tempestiva e non generica. Deve quindi essere formulata nella prima occasione utile (subito in udienza se i documenti sono lì prodotti per la prima volta, oppure nella immediata memoria di contestazione successiva alla produzione).
Sul punto la Cassazione ha chiaramente precisato: “al fine del disconoscimento della conformità agli originali delle fotocopie prodotte in giudizio, richiede la tempestività del disconoscimento e che lo stesso, sebbene non debba essere espresso in formule sacramentali, debba essere chiaro, circostanziato ed esplicito” (Cass. n. 3540/2019).
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Il disconoscimento delle copie nella materia tributaria
Orbene, il disconoscimento delle copie semplici prodotte nell’ambito tributario è importante, specialmente in caso di contestazione della notifica di atti tramite PEC.
L’art. 22 D.Lgs. 82/2005 precisa effettivamente che le copie semplici delle ricevute dell’invio della PEC sono prove, salvo che il contribuente non le disconosca formalmente:
Precisamente:
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1. I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se sono formati ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo. La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale.
1-bis. (…) .
2. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le Linee guida.
3. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”
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Quindi, le copie semplici prodotte dal Riscossore in giudizio, per valere come prova devono:
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essere copie semplici attestate da notaio o da altro pubblico ufficiale;
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essere copie semplici non contestate da controparte.
In materia tributaria la Cassazione è univoca: Cass. n. 23046/2016; Cass. n. 26402/18; Cass. n. 1974/2018; Cass. n. 554/2018; Cass. n. 8289/2018; CTR Torino n. 97/3/2018.