Avvisi di accertamento e di addebito

I costi rilevano nell’Accertamento induttivo. Per il principio della capacità contributiva.

Ecco i presupposti dell'accertamento induttivo puro

La Cassazione ha confermato il proprio principio che, in caso di accertamento induttivo puro, il Fisco deve considerare una percentuale di costi anche se non documentata. Tali costi, in ottemperanza al principio di capacità contributiva, devono essere detratti dai prelievi non giustificati.

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La fattispecie oggetto della sentenza

Un contribuente impugnava un avviso di accertamento per imposte dirette ed iva dell’anno 2011. Tra i diversi motivi d’impugnazione il contribuente sollevava il mancato riconoscimento, in riferimento al reddito ricostruito dall’Agenzia delle Entrate con l’accertamento induttivo, dei relativi e credibili costi. Nell’accertare un reddito induttivamente si deve riconoscere una percentuale per i costi che vanno a diminuire i ricavi.

La CTP accoglieva il ricorso, ma la CTR riformava in parte la decisione di primo grado. In particolare i Giudici regionali non condividevano la decisione di quelli di primo grado che hanno dichiarato l’avviso di accertamento inesistente per difetto di notifica. Nel merito la CTR stabiliva la misura del 40% come ricarico delle spese da considerare per l’accertamento.

Avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando il riconoscimento di costi in modo forfettario (40%).

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Accertamento induttivo puro

Tale accertamento è quell’atto amministrativo-tributario che accerta le imposte senza basarsi sulle scritture contabili del contribuente e costruendolo tout court solo su presunzioni.

Precisamente, Vi è accertamento induttivo se:

  1. l’Ufficio prescinde in tutto dalle scritture contabili;

  2. La presunzione dell’esistenza di maggiori ricavi deve essere supportata da elementi gravi, precisi e concordanti;

  3. Si rientra in uno dei casi previsti dall’art. 39, comma 2, del D.p.r. n. 600/1973:

  • reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

  • le scritture contabili sono tenute gravosamente in modo irregolare o alcune di esse è stata sottratta all’ispezione;
  • gravi errori e/o missioni sulle scritture contabili da considerarle inattendibili;
  • il contribuente non ha dato seguito agli inviti dell’Agenzia sulla richiesta di documenti o informazioni;
  • mancata presentazione dei modelli per gli Studi di Settore, oppure compilati in modo infedele.

Tali presupposti devono, quindi, essere argomentati ed espletati dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento induttivo, nella parte della motivazione.

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte, l’ordinanza n. 17189 del 26 giugno 2019, ha confermato il proprio orientamento in riferimento alla valutazione dei costi per gli accertamenti induttivi (si veda anche Cass. n. 7743 del 20 marzo 2019, Cass. n. 26748/2018)

Per la Cassazione l’obbligo di considerare anche una percentuale di carico di costi che influenza i ricavi, risponde al principio costituzionale della capacità contributiva.

Precisamente: “La Corte reitera l’insegnamento secondo cui <<In caso di accertamento induttivo, si deve tenere conto – in ossequio al principio di capacità contributiva – non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale di costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati>>(…). Va inoltre rammentato che: <<In tema di accertamento induttivo c.d. puro, l’Amministrazione finanziaria deve ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinate induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto>>” (Cass. n. 17189 del 26 giugno 2019).

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