60 giorniArt. 12 StatutoAvvisi di accertamento e di addebito

Avviso di accertamento: nullo se notificato prima dei 60 giorni

Per tale violazione non serve la "prova di resistenza"

La Suprema Corte, con l’Ordinanza n. 16971 del 25 giugno 2019, ha confermato che un avviso di accertamento (notificato prima del trascorrere dei 60 giorni dal verbale di chiusura delle indagini) è, “tout court”, illegittimo e va quindi annullato. Tale pronuncia è però interessante perché da’ atto di due orientamenti della Suprema Corte sull’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente. Inoltre, considera anche la giurisprudenza sul preventivo contraddittorio.

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La fattispecie oggetto della sentenza

L’Agenzia delle Entrate accedeva presso il domicilio fiscale di un contribuente e, dopo avere formulato il processo verbale di chiusura delle operazioni di indagine, emetteva un avviso di accertamento con il quale rettifica il reddito imponibile per IVA, IRPEF e IRAP. Tale avviso di accertamento, però, veniva emesso prima del trascorrere dei 60 giorni dalla notifica del processo verbale di chiusura delle operazioni. Vi era, quindi, la violazione dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente).

Il Cittadino impugnava tale avviso avanti al Giudice Tributario e contestava, principalmente, la violazione di tale art. 12, comma 7, per non aver l’Ufficio atteso il trascorre di tali 60 giorni (in totale assenza di specifiche ragioni di urgenza).

La CTP accoglieva tale contestazione del contribuente e annullava l’avviso di accertamento per violazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente.

La CTR, invece, riformulava tale motivo d’impugnazione precisando che se è corretto che l’Agenzia delle Entrate non abbia rispettato il termine di 60 giorni, la nullità “immediata” dell’avviso non è prevista da tale articolo (l’accoglimento dell’appello dell’Ufficio era parziale, perché venivano confermate altre doglianze del contribuente).

Contro tale sentenza della CTR ricorreva alla Cassazione il contribuente insistendo per la nullità dell’avviso di accertamento per non rispetto del termine dell’art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000.

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L’art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000 (tutela del diritto di difesa)

L’ art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) stabilisce:

  • Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. (…).

E’ quindi opportuno ricordare, brevemente, che, ai sensi di tale art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, dopo il rilascio del PVC (Processo Verbale di Chiusura delle operazioni) da parte dei verificatori che hanno eseguito attività ispettive presso il domicilio fiscale del contribuente, devono trascorrere sessanta giorni prima che il Fisco possa notificare il relativo avviso di accertamento. Durante tale termine il contribuente può formulare osservazioni che l’Ufficio è tenuto a valutare.

Tale termine di sessanta giorni è una espressione del principio di buona amministrazione e di collaborazione con il contribuente sancito anche nella Carta Costituzionale.

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La decisione della suprema Corte

La Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente ed ha affermato l’OBBLIGO per l’Ufficio di rispettare tale termine di 60 giorni.

Tuttavia tale sentenza, come sopra anticipato, è utile per diversi passaggi:

  1. Da’ atto della presenza di diversi orientamenti giurisprudenziali sulla questione

    Il primo (seguito dalla CTR, ma è vecchio e superato) stabilisce che non vi è nullità “automatica” dell’avviso di accertamento per la semplice violazione del termine dell’art. 12, comma 7, dello Statuto.

    Tale norma non prevede espressamente la nullità di tale atto: “Infatti la CTR si è dichiaratamente allineata, sul punto, alll’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni, dalla conclusione delle verifica fiscale, prevista dall’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolante dell’atto rispetto al verbale di contestazione sul quale si fonda e considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso” (Cass. n. 16971/2019).

  2. Il secondo orientamento è più recente e, a detta di tale sentenza, ha superato il primo con la sentenza della Cassazione Sezioni Unite n. 18184/2013.

    Per tale orientamento vi è sempre la nullità dell’avviso di accertamento che non rispetta il termine dell’art. 12, comma 7, dello Statuto. Tale violazione ha in sé (come sopra anticipato) il non rispetto del principio di buona amministrazione e di collaborazione con il contribuente.

    Pertanto la sua nullità è implicita nella violazione: “Tuttavia, si trattava di un orientamento non univoco, in seguito superato da Cass. , Sez. U., 29/07/2013, n. 18184 (…) l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento (…) determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia edl pieno dispiegamento del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore è più efficiente esercizio della potestà impostitiva”. (Cass. n. 16971/2019).

  3. Non si necessita della “prova di resistenza” (sul significato di prova di resistenza di rinvia alla News del 16/01/2019)

    In caso di violazione di tale termine dei 60 giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento vi è un grado maggiore di tutela per i tributi non armonizzati (quelli nazionali, nel nostro caso IRPEF e IRAP).

    Precisamente non serve dare prova nel ricorso delle ragioni che il contribuente avrebbe potuto esperire se tale termine di 60 giorni fosse stato completamente rispettato (è la “prova di resistenza”).

    Precisamente: “Peraltro, successivamente questa Corte ha avuto altresì occasione di chiarire (…) che la sanzione della illegittimità dell’avviso per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni – (…) – non presuppone che il contribuente dimostri che il minor termine gli ha precluso di predisporre una adeguata e specifica linea difensiva, senza che tale interpretazione contrasti con il diritto comunitario, in quanto il maggior grado di tutela previsto a livello interno per i tributi non armonizzabili dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, per come interpretato dal diritto vivente di questa Corte, si muove in armonia piena con il principio di massimizzazione delle tutele, che consente ad un singolo ordinamento di apprendere livelli di protezione di un diritto fondamentale, quale è sicuramente quello al contraddittorio, più ampi rispetto a quelli garantiti dal sistema eurounitario per i tributi non armonizzati.” (Cass. n. 16971/2019).

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