sovraindebitamento

Corte Costituzionale: si può falcidiare l’IVA con la legge per il “sovraindebitamento”

Scarica la sentenza della Corte Cost. n. 245 del 26 novembre 2019

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 205 del 29 novembre 2019, ha stabilito che anche per la procedura prevista dall’art. 7 Legge n. 3/2012 (“sovraindebitamento”), è possibile falcidiare l’imposta IVA. In buona sostanza il contribuente sovraindebitato può chiedere al Giudice, in un accordo di composizione della crisi debitoria, di pagare in modo parziale anche l’IVA.

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La fattispecie oggetto della sentenza della Consulta ed i motivi di incostituzionalità dell’art. 7 legge n. 3/2012

Un contribuente, in una situazione oggettiva di sovraindebitamento, si rivolgeva al Tribunale di Rovigo per poter attivare la relativa procedura di composizione ex art. 7 legge n. 3/2012.

Nella fase di controllo dei presupposti di tale speciale procedura, il Giudice prendeva atto che il contribuente era esposto in modo importante anche per tributi IVA.

Tale debito d’imposta derivava da una responsabilità solidale (art. 38 c.c.) per le obbligazioni contratte da una associazione sportiva (nel cui nome ha agito in passato e di cui è stato legale rappresentante), a sua volta non soggetta a procedure concorsuali diverse da quella disciplinata dalla Legge n. 3/2012.

Il Tribunale di Udine rimarcava che il piano di rientro della situazione di sovraindebitamento non poteva essere attuato se il contribuente veniva costretto a pagare l’IVA nella sua totalità.

Il Giudice rimettente precisava, altresì, che dal tenore dell’art. 7 della Legge n. 3/2012 non vi era la possibilità di interpretazione differente da quella che impone l’obbligo di pagare interamente l’IVA (il riferimento è al periodo “In ogni caso, con riguardo ai tributi

costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”).

Il Tribunale di Udine inoltre affermava che per una procedura simile (art. 182-ter della Legge Fallimentare), l’evoluzione della Giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, e del legislatore poi, ha permesso di falcidiare l’IVA.

Precisamente:

  1. con la sentenza, Causa C-546/14 del 7/4/2016, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha previsto la possibilità per gli Stati membri di poter ammettere che i contribuenti possano corrispondere l’IVA (imposta Europea) in modo parziale, ma qualora ciò avvenga nel quadro di una procedura seria, rigoroso e garantita, quale quella del concordato preventivo di cui agli art. 160 e seguenti della Legge Fallimentare;

  2. in forza dell’interpretazione data dalla CGUE la Corte di Cassazione (sentenza n. 26988/2016 e n. 760/2017) ha ritenuto possibile la falcidia dell’IVA nei limitati procedimenti ex art. 182-ter della Legge Fallimentare;

  3. In virtù di tali evoluzioni giurisprudenziali il Legislatore si è attivato in una riscrittura dell’art. 182-ter tramite l’art. 1, comma 81, Legge 232/2016 ed, ad oggi, l’art. 182-ter consente al debitore fallibile di poter proporre un concordato preventivo con indicato il pagamento parziale anche dell’IVA;

  4. tale modifiche non sono mai avvenute in riferimento all’art. 7 della Legge n. 3/2012 (la procedura, cosiddetta, per il “sovraindebitamento”) anche se la ratio ed i presupposti delle due norme sono identiche.

  5. In conclusione il Tribunale di Udine ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 7 della Legge n. 3/2012, limitatamente alle parole “all’imposta sul valore aggiunto”, per violazione dell’art. 3 e 97 della Costituzione

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L’art. 7, comma 1, della Legge n. 3/2012 corretto dopp la pronuncia della Consulta

Art. 7, comma 1, Legge n. 3/2012 (Presupposti di ammissibilità): “1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal giudice; si applicano gli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”

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La decisione della Corte Costituzionale

La Consulta, dopo una articolata sentenza, da ragione al Tribunale di Udine in riferimento all’art. 3 della Costituzione (vengono assorbite le doglianze relative all’art. 97 Cost.).

La Corte Costituzionale, quindi, dichiara in costituzionale l’art. 7, comma 1, terzo periodo, della Legge n. 3/2012 nella parte in cui non prevede la possibilità di pagare in modo parziale anche l’imposta IVA. Viene quindi cancellato dal testo dell’art. 7 la dicitura” “all’imposta sul valore aggiunto” (Cost. n. 245/2019).

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