Prescizione

Contributi: la non impugnazione delle cartella non ha effetto novativo per la prescrizione

L'intimazione notificata dopo la prescrizione non rileva perché tardiva

La Cassazione, con l’ordinanza n. 454 del 14 gennaio 2020, conferma il termine quinquennale per la prescrizione dei contributi, ma precisa importanti questioni come: la non impugnazione della cartella non ha effetto novativo da trasformare la prescrizione quinquennale in quella ordinaria; la prescrizione non è rinunciabile dal contribuente e l’invio di successiva intimazione di pagamento non ha effetto sulla prescrizione se avvenuta dopo i 5 anni.

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La fattispecie oggetto dell’Ordinanza della Cassazione

Un contribuente impugnava avanti al Giudice del lavoro un’intimazione dell’agenzia delle entrate-riscossione, con oggetto pretese contributive. Il ricorso era una opposizione all’esecuzione e veniva formulato verso il Riscossore e verso anche il creditore INPS, oltre i “rituali” 40 giorni d’impugnazione delle pretese contributive.

Il Tribunale dava ragione al contribuente e dichiarò legittima l’azione mossa anche verso INPS (legittimato passivo) e tempestiva l’azione perché per l’opposizione con cui all’esecuzione non vi è alcun termine da rispettare (per eccepire la prescrizione). Anche la Corte d’Appello confermava le ragioni del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quindi, formulava ricorso in Cassazione per due motivi:

  1. qualora il debito dell’INPS viene iscritto a ruolo e poi notificato con la cartella si ha un effetto novativo (è una causa di estinzione di un’obbligazione che dal sorgere di una nuova obbligazione estingue la precedente perché di contenuto identico) dove il soggetto creditore non figura più l’INPS ma il Riscossore che si “muove” con un nuovo titolo (il ruolo);

  2. la mancata impugnazione dell’intimazione nel termine di 40 giorni e la corretta notifica delle precedenti cartelle comporta non ritrattabilità delle ragioni di merito.

Il contribuente non si costituiva in Cassazione.

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Punti importanti dell’Ordinanza della Cassazione

Come sopra anticipato, la Cassazione confermava la sentenza della Corte d’Appello, ma precisa diverse problematiche:

  1. La prescrizione quinquennale. La Suprema Corte conferma il principio della Cass. SS. UU. n. 23397/2016 che conferma la prescrizione quinquennale ex art. 3, comma 9 e 10, della Legge n. 335/1995, per le pretese contributive.

  2. La non conversione della prescrizione di 5 anni in quella di 10 anni. La mancata impugnazione delle cartelle con oggetto contributi non può attivare le disposizioni dell’art. 2953 c.c.. Solamente una sentenza di condanna passata in giudicato può trasformare la prescrizione quinquennale in decennale.

  3. La prescrizione dei crediti contributivi non può essere rinunciata dal contribuente. “il subentro dell’Agenzia delle Entrate [Riscossione n.d.A.] quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione” (Cass. n. 454/2020).

  4. Nulla rilevano gli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999. Il Riscossore tenta sempre di giustificare la “trasformazione” delle prescrizione quinquennale in quella decennale basandosi sugli artt. 19 e 20 del D.Lgs. n. 112/1999 che si riferiscono ad un termine decennale per la prescrizione per i crediti iscritti a ruolo e/o affidati al Riscossore. Tuttavia “non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999 nella parte in cui stabiliscono un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla elegge per azionare il credito nei confronti del debitore” (Cass. n. 454/2020, si veda anche Cass. n. 24995/2019; Cass. n. 24106/2019).

  5. In termini di prescrizione l’azione per farla valere può essere formulata anche oltre i termine di 40 giorni. Se il contribuente chiede la Giudice di accertare con sentenza che il credito dell’INPS è prescritto, tale azione non ha alcun termine se non quello dell’avvenuta riscossione del credito vantato.

  6. La successiva intimazione di pagamento non rileva se notificata dopo i 5 anni di prescrizione. “nel caso di specie, peraltro, non ha rilievo l’interruzione della prescrizione per effetto della notifica dell’intimazione di pagamento, posto che quest’ultima è intervenuta dopo il termine di cinque anni dalla notifica delle cartelle e, quindi, dopo che la prescrizione quinquennale era già maturata” (Cass. n. 454/2020).

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