Iva

Operazioni soggettivamente inesistenti

Senza buona fede del contribuente l'iva delle fatture non è legittima

La Suprema Corte, l’Ordinanza n. 8177 del 27 aprile 2020, ha precisato che l’Amministrazione Finanziaria, in caso di indebita detrazione dell’IVA su operazioni soggettivamente inesistenti, deve solo provare la mancanza di buona fede del contribuente. Tale comportamento colposo (carenza di ordinaria diligenza) del contribuente può essere provato con semplici indizi che descrivono una totale carenza di personale e adeguata struttura aziendale del cessionario (una cartiera).

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La fattispecie oggetto della pronuncia della Cassazione

Una Società di Capitali in liquidazione proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che aveva parzialmente riformato la sentenza della CTP che aveva dato ragione alla Società contribuente.

L’atto impugnato era un avviso di accertamento che aveva ripreso a tassazione costi relativi a fatture dichiarate soggettivamente inesistenti in relazione ad acquisto di autovetture.

La società che vendeva tali autovetture, dal PVC, risultava svolgere la propria attività in un seminterrato vuoto di 30 mq, amministrata da due coniugi totalmente inesperti.

Per la CTR la società di capitali accertata era solo un soggetto interposto e si verteva in tema di operazioni soggettivamente inesistenti. Pertanto, questa circostanza legittimava il recupero dei costi ai fini Iva, dovendosi escludere la buona fede della società contribuente in relazione alle caratteristiche soggettive della venditrice “percettibili agli occhi di chiunque intendesse effettivamente percepirle”.

 

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La decisione della Cassazione

Con tale ordinanza la Suprema Corte ha ripercorso la propria giurisprudenza e quella comunitaria in tema di onere della prova, distribuito tra le parti.

 

ONERE IN CAPO ALL’AMMINISTRAZIONE

Per la Cassazione il punto centrale dell’onere probatorio dell’Amministrazione Finanziaria (in caso di fatture soggettivamente inesistenti) è la buona fede del contribuente. In caso di fatture oggettivamente inesistenti è sufficiente dare prova della carenza di tale elemento soggettivo per far cadere in capo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria.

L’Amministrazione (che contesti il diritto del contribuente a portare in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da soggetto diverso dall’effettivo cedente) deve provare (con elementi oggettivi) che l’accertato, al momento dell’acquisto dei beni, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente non poteva essere il reale cedente dei beni in questione.

 

ONERE IN CAPO AL CONTRIBUENTE

La Suprema Corte, riferimento all’onere di fornire la successiva prova contraria in capo al contribuente, ha precisato che tale prova non può consistere nella semplice esibizione delle fatture, nel dimostrare la regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, perché tali elementi sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.

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