INPS-PensioneInteresse ad agirePrescizioneRuolo

Prescritti i contributi se si impugna il ruolo

Il Contribuente vi ha interesse anche perché è rilevabile d'ufficio

Spesso, qualora si faccia valere la prescrizione quinquennale dei contributi, il Riscossore e l’INPS si oppongono eccependo che il contribuente non ha interesse ad impugnare il ruolo per far valere la prescrizione, perché non vi è alcun pericolo per il contribuente stesso.

In buona sostanza, la linea difensiva del Riscossore e dell’INPS è quella di far dichiarare inammissibile il ricorso del contribuente, perché non quest’ultimo avendo subito la notifica di un pignoramento, di una intimazione di pagamento o di altro, non doveva adire il Giudice del lavoro. Il contribuente, quindi, non né aveva motivo ed interesse, perché non vi era per lui alcun pericolo.

Dal punto di vista processuale, si può dire che il contribuente era carente d’interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c., per far annullare il credito contributivo.

Su tale questione (relativa alla carenza d’interesse del contribuente in caso di impugnazione del ruolo per far prescrivere i contributi) è intervenuta, anche recentemente, la giurisprudenza precisando che è sempre ammessa l’azione di accertamento negativo dei contributi (far valere la prescrizione) anche se si impugna il ruolo.

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Precisamente:

  • Trattandosi di prescrizione di contributi previdenziali, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti (…) a differenza della materia civile e ciò impedisce l’operatività della regola generale dell’inammissibilità di un’azione di accertamento negativo il cui unico oggetto si sostanzia nell’affermazione della prescrizione. Questa Corte di cassazione (…) ha esplicitamente ritenuto l’ammissibilità dell’azione di accertamento negativo dell’obbligo contributivo fondato sull’eccezione di prescrizione e ciò a proposito della disciplina posta dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, in ordine alla denuncia del lavoratore.” (Cass. n. 29294 del 12/11/2019).

  • Va, in primo luogo, esaminato il motivo di appello concernente la sussistenza dell’interesse ad agire della ricorrente: recentemente la Corte di Cassazione ha chiarito che “la definitività dell’accertamento relativo alla sussistenza dei crediti contributivi portati dalla cartella, per effetto della mancata opposizione delle medesime, non è preclusiva dell’accertamento della prescrizione o di altri fatti comunque estintivi maturati successivamente alla notifica delle cartelle in oggetto, laddove venga contestata l’effettiva prescrizione o estinzione dell’obbligo contributivo da parte dell’ente creditore. In tali ipotesi è necessario verificare in concreto, nella singola vicenda processuale, la sussistenza dell’interesse ad agire. In linea generale, infatti, questa Corte di cassazione …. ha avuto modo di affermare che l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva, anche non preesistente al processo, in quanto sorto nel corso del giudizio a seguito della contestazione sull’esistenza di un rapporto giuridico o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da essa scaturenti, che non sia superabile se non con l’intervento del giudice” (Corte d’ Appello Milano n. 563 del 7 aprile 2020).

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Quindi il contribuente può impugnare il ruolo (attraverso la copia dell’estratto di ruolo) per far valere la prescrizione quinquennale dei contributi, anche se vi erano atti precedenti (cartelle avvisi di addebito) già notificati. Questo per far accertare dal Giudice del Lavoro che il credito contributivo è venuto meno perché prescritto dopo la notifica della cartella o dell’avviso di addebito.

Ciò, anche considerando che la prescrizione dei crediti contributivi è rilevabile d’ufficio dal Giudice (Cass. 29294/2020, pag. 9).

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