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Il socio può opporre il beneficium excussionis fin dalla cartella

La cartella, del socio, è atto esecutivo da far valere in CTP

Per la Suprema Corte la cartella notificata al socio, per debiti sociali, è una pretesa esecutiva che si può far valere avanti al Giudice Tributario.

La Sentenza SS. UU. n. 28709 del 16 dicembre 2020, ha precisato che la cartella (oppure l’avviso di accertamento immediatamente esecutivo) è un atto dell’esecuzione (perché ad essa prodromico), ma da far valere avanti al Giudice Tributario per non avere un vistoso vuoto di tutela in capo al socio, che, altrimenti, dovrebbe aspettare solo il pignoramento per difendersi. (si veda anche la News 9 novembre 2018)

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Le norme di riferimento

Art. 19, comma 3, D.Lg.s n. 546/1992

“3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’ impugnazione unitamente a quest’ultimo”.

Art. 2304 c.c. (per S.n.c.)

I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale.

Art. 2315 c.c. (per S.a.s.)

“Alla società in accomandita semplice si applicano le disposizioni relative alla società in nome collettivo, in quanto siano compatibili con le norme seguenti”

Art. 2268 c.c. (per società semplici ed irregolari)

Il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi

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La fattispecie oggetto della sentenza

Un contribuente, che è stato socio di una S.n.c., riceveva una cartella di pagamento relativa ad un avviso di accertamento correttamente notificato alla S.n.c. e non impugnato.

In buona sostanza, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione pretendeva il pagamento dei debiti sociali (Iva e Irap), accertati con atto impositivo, direttamente al socio.

Quest’ultimo impugnava la cartella e, tra i vari motivi, contestava anche il beneficium excussionis. In buona sostanza, prima che il fisco possa agire verso il patrimonio del socio, per debiti sociali di una s.n.c., lo stesso fisco deve dare prova di aver escusso inutilmente i beni sociali.

La CTP e la CTR rigettavano le pretese del contribuente, precisando che il beneficium excussionis si può far valere solo in fase esecutiva e la cartella non è un atto dell’esecuzione.

Il contribuente ricorreva in Cassazione per la modifica della decisione delle CTR, ma la Sezione Tributaria della Suprema Corte ravvisava un contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità per il socio di far valere il beneficium excussionis a mezzo dell’impugnazione della cartella di pagamento.

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La decisione della Sezioni Unite

La Sezioni Unite dava, preliminarmente, atto delle dei due orientamenti sorti sul beneficium excussionis in riferimento alla cartella.

Il primo (maggioritario) prevede la non applicazione del beneficium excussionis in riferimento alla cartella. Esso opera solo in sede esecutiva e la cartella è impugnabile in sede tributaria.

Il secondo (minoritario) prevede, invece, l’applicazione del beneficium excussionis in riferimento alla cartella. Tale orientamento (basandosi anche sulla sentenza della Corte Cost. n. 114/2018) precisa che se si esclude la cartella da tale beneficium excussionis il socio dovrebbe attendere il pignoramento per farlo valere, con grave suo danno.

La Suprema Corte individua una soluzione intermedia che si avvicina a quella minoritaria, ma introduce importanti elementi:

  1. il socio la cartella è una pretesa esecutiva che può essere fatta valere davanti al giudice tributario

La cartella vale come notificazione di quel ruolo, e determina, al pari del precetto, la pretesa esecutiva (Cass., sez. un., 14 aprile 2020, n. 7822, punto 3.2). Sicché tramite l’impugnazione della cartella il socio contesta il diritto di procedere all’esecuzione con riferimento a quel titolo, e quindi per debiti tributari, allo stesso modo in cui per gli altri debiti sociali egli può contestare la propria responsabilità mediante opposizione all’esecuzione (Cass. 14 maggio 2019, n. 12714, in motivazione).” (pag. 11 della sentenza).

  1. Contro questa cartella, per debiti di società di persone, il socio può contestare tutte le eccezioni possibili

Il socio può dunque impugnare la cartella proponendo l’intera gamma delle contestazioni che gli spettano. E, per farlo, si deve rivolgere al giudice tributario.” (pag. 14 della sentenza).

  1. Il beneficium excussionis può essere fatto valere anche per l’impugnazione di atti impoesattivi

L’assetto così delineato trova conferma in caso d’impugnazione dell’accertamento esecutivo (c.d. atto impoesattivo) dinanzi richiamato, che realizza l’accorpamento in un solo atto delle funzioni di atto impositivo, titolo esecutivo e precetto. Eliminata l’iscrizione a ruolo, non v’è più necessità di notificare la cartella di pagamento. Sicché il coobbligato deve ricevere la notificazione dell’accertamento esecutivo, e non può che impugnarlo dinanzi al giudice tributario.” (pag. 16 della sentenza).

  1. Tale beneficium excussionis, il socio lo può far valere anche per atti successivi alla cartella, quindi anche se non impugna la cartella regolarmente notificatagli

Il coobbligato beneficiato, inoltre, non decade dal diritto di far valere il beneficio, sicché se non lo fa valere impugnando la cartella, lo potrà fare contro l’eventuale intimazione successiva e, in mancanza, impugnando il pignoramento, ma stavolta dinanzi al giudice dell’esecuzione: e ciò perché la natura sussidiaria della propria obbligazione resta tale anche se non la si fa valere immediatamente.” (pag. 20 della sentenza).

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Dopo aver formulato tali importanti passaggi, la Sezioni Unite ha statuito il seguente principio che conferma la possibilità per il socio di far valere beneficium excussionis anche verso la cartella notificatagli:

  • “In tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale. In tal caso, se si tratta di società semplice (o irregolare) incombe sul socio l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi in tutto o in parte sul patrimonio sociale; se si tratta, invece, di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, è l’amministrazione creditrice a dover provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale (…). Ne consegue che, se l’amministrazione prova la totale incapienza patrimoniale, il ricorso andrà respinto; se, invece, il coobbligato beneficiato prova la sufficienza del patrimonio, il ricorso ‘andrà accolto. Se la prova della capienza è parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l’applicazione della regola suppletiva posta dall’art. 2697 c.c. comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l’onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario”.(Cass. SS. UU. n. 28709 del 16/12/2020)

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