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Processo tributario: il Giudice non può supplire alla carenza istruttoria delle parti, deve rimanere terzo

Il giudice tributario deve essere terzo

La Cassazione, con l’Ordinanza n. 12383 del 11 maggio 2021, ha ribadito il proprio principio di terzietà del giudice, precisato in modo autorevole anche dalla Corte Costituzionale con la Sent. n. 109/2007. (si veda anche News del 27 novembre 2018)

La Suprema Corte ha dovuto ricordare che anche nel processo tributario vi deve essere un equilibrio tra le parti ed il Giudice ne deve essere il garante.

Questo dovere di riequilibrio del Giudice tributario vi è, in particolar, quando una delle parti a maggiori poteri autoritativi (Agenzia delle Entrate o Agente della Riscossione) in riferimento all’altra che non li ha (contribuente).

Pertanto, la Cassazione ha statuito che il Giudice tributario NON può soccorre alla carenza probatoria di una delle parti (solitamente quella pubblica)

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La norma di riferimento

Art. 7 (Poteri delle commissioni tributarie)

“1. Le commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ ente locale da ciascuna legge d’imposta.

2. Le commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica. I compensi spettanti ai consulenti tecnici non possono eccedere quelli previsti dalla legge 8 luglio 1980, n. 319, e successive modificazioni e integrazioni.

[3. comma abrogato]

4. Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale.

5. Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente.”

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La fattispecie

Una contribuente ricorre per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza emessa dalla CTP di Milano, con la quale il Giudice di primo grado non aveva accolto l’impugnazione di avviso di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette, con riferimento all’esercizio 2005.

La CTR, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, ritenne esente da censura l’utilizzo a fini probatori da parte del primo Giudice (oltre che in secondo grado) del PVC a carico della contribuente (ad essa notificato, come chiarito dalla stessa ricorrente), richiamato dall’avviso di accertamento e prodotto in giudizio dall’A.E. ma solo dopo la richiesta ad essa rivolta dalla CTR.

Precisamente, l’A.E. produceva in giudizio solo l’Avviso di accertamento impugnato e non anche il P.V.C. in esso richiamato.

In base a questa carenza probatoria dell’A.E. interveniva la CTP (confermato poi anche dalla CTR) chiedendo la produzione di tale P.V.C. (circostanza, per giunta, contestata fin dal ricorso introduttivo da parte della contribuente).

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La decisione della Cassazione

La Cassazione, nel richiamare le precedenti pronunce e la sentenza della Corte Cos. N. 109/2007, ha ribadito che il potere di integrazione istruttoria previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, può essere usato dal Giudice solo:

  • Nel limite dei fatti dedotti dalle parti;
  • Solo per integrare elementi di giudizio già in atti;
  • La decisione deve essere compiutamente motivata.

Quindi, il Giudice Tributario, non può supplire (andare in “soccorso della parte”) in caso di esecuzione dell’onere probatorio che proprio delle parti in causa e non del Giudice.

Veniva emesso il seguente principio di diritto:

Nel processo tributario, retto dal principio misto acquisitivo dispositivo, l’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, stante l’abrogazione del comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in “supplenza” della parte probatoriamente inerte), attribuisce alle commissioni tributarie, nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, un potere di “soccorso istruttorio” che, motivatamente, può essere esercitato non per supplire a carenze delle parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio ma solo in funzione integrativa degli elementi di giudizio già in atti o acquisiti in quanto non sufficienti per pronunziare una sentenza ragionevolmente motivata” (Cass. n. 12383/2021)

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