AppelloNotifica PEC

Anche se il motivo è generico, non impedisce specificazioni in appello per la nullità della notifica

Motivo generico non impedisce la specificazione in appello

La Cassazione, con l’Ordinanza n. 14285 del 25 maggio 2021, ha espletato un importante principio in riferimento ai motivi d’impugnazione. Anche se il motivo sollevato in primo grado è generico (ad esempio: “l’atto è illegittimo per assenza della notifica PEC della precedente cartella”), ciò non esclude che il contribuente possa specificarlo anche in fase di appello, sotto diversi punti di vista.

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La norma in questione

Art. 57 D.Lgs. n. 546/1992

1. Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata.

2. Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio.

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Importante principio

Tale principio è molto importante.

Si pensi nel capo della contestazione della notifica di atti tributari tramite PEC (per maggior info CLICCA QUI). Le sentenze della Cassazione e le novità legislative sono numerose e quasi giornaliere.

Di conseguenza, non vi sarebbe violazione di nuova eccezione in appello (ex art. 57 D.Lgs. n. 546/1992) se, in riferimento ad un motivo generico di primo grado (ad esempio: “l’atto è illegittimo per assenza della notifica PEC della precedente cartella”), in fase d’appello il contribuente illustrasse che la notifica via PEC è nulla per:

  1. Assenza di firma digitale, secondo i dettati legislativi (per maggior info CLICCA QUI);
  2. La PEC del mittente e/o del destinatario non sono presenti nei pubblici registri gestiti dal Ministero (INIPEC, REGIND, IPA, per maggior info CLICCA QUI);
  3. Assenza di produzione di copia autentica della ricevuta di avvenuta consegna (RAC) e di ricevuta di accettazione (RA)(per maggior info CLICCA QUI);

Questa è la portata dirompente del principio elaborato da tale Ordinanza n. 14285/2021.

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La decisione della Cassazione

Sul punto la Suprema Corte (n. 14285/2021) ha quindi statuito:

  • “si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta”;
  • La predetta pronuncia ha altresì chiarito che «si ha domanda nuova per modificazione della causa petendi, inammissibile in appello, quando i nuovi elementi dedotti dinanzi al giudice di secondo grado comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado, e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio”

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