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Credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione (quadro RU) per non subire la decadenza

Credito d'imposta

La Cassazione, con la sentenza n. 34266 del 15/11/2021, ha specificato la distinzione tra dichiarazione dei redditi (dichiarazione di scienza) e l’utilizzo di un credito d’imposta in compensazione (negozio giuridico).

Quest’ultimo, per essere utilizzato negli anni successivi, deve obbligatoriamente essere indicato nella dichiarazione dei redditi dell’anno in cui è sorto (quadro RU)

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La distinzione

tra dichiarazione dei rediti e dichiarazione di utilizzo di

La dichiarazione dei redditi: la dichiarazione dei redditi non è un atto voluto dal contribuente, ma è solamente una dichiarazione di conoscenza di determinati fatti che sono il presupposto dell’imposizione tributaria (si veda anche la News del 4/11/2021).

La volontà di utilizzare un credito in dichiarazione: La precisa indicazione del credito di imposta, di cui si intende beneficiare nella dichiarazione dei redditi (quadro RU) ai fini della compensazione, è una manifestazione di volontà di avvalersi del beneficio fiscale. E’ quindi un negozio giuridico di diritto civile.

Tale manifestazione di volontà, per non decadere, deve essere manifestata nella dichiarazione dei redditi dell’anno in cui tale credito si riferisce.

Una volta posta in essere tale tempestiva manifestazione di volontà, il credito può essere utilizzato in compensazione anche per gli anni successivi.

In caso di mancata tempestiva indicazione (manifestazione di volontà) non si ha la volontà del contribuente di far “sorgere” tale credito è quindi si decade dalla possibilità di compensarlo con debiti fiscali.

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La fattispecie

Una società contribuente riceveva una cartella di pagamento emessa nei suoi confronti, per l’anno 2008, a seguito di avviso di irregolarità da controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973.

Con tale cartella era stato richiesto il pagamento della somma iscritta a ruolo pari ad euro 125.268,00, relativa all’utilizzo di un credito d’imposta per spese di ricerca relativo all’anno 2008, portato come credito d’imposta in tale anno, compensato nel 2009.

Tale credito, però, non veniva indicato nella dichiarazione relativa all’anno 2008, nel quadro RU, poi successivamente rettificata il 4 aprile 2011.

La cartella veniva impugnata dalla società contribuente e la CTP le dava ragione.

Su appello dell’Ufficio la CTR riformava la sentenza della CTP e rigettava le ragioni della società contribuente, affermando che l’utilizzo del credito era decaduto.

Il giudice d’appello evidenziava che il credito d’imposta veniva accordato a fronte di precise scelte politiche strategiche, finalizzate all’incentivo di determinati settori, sicché era condivisibile la scelta del legislatore che consentiva di fruire del beneficio entro un termine definito e determinato, essendo definito e determinato anche l’onere finanziario inerente.

La decadenza era coerente con la scelta del legislatore di consentire di beneficiare del credito per un determinato esercizio fiscale.

Era corretto il comportamento dell’Ufficio che, pur non disconoscendo l’oggettiva validità del credito, ne aveva però richiesto l’indicazione, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta di pertinenza.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società. L’Agenzia delle entrate si è limitata a depositare un “atto di costituzione”, ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte, per quanto sopra indicato, ha quindi formulato un importante principio di diritto:

“In tema di imposte sui redditi, l’indicazione del credito di imposta, di cui si intende beneficiare nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro RU, è richiesta a pena di decadenza con riferimento ai crediti sorti ai sensi della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ed alla legge 5 ottobre 1991, n. 1997, oltre che al d.m. 22 luglio 1998, n. 275; la medesima sanzione della decadenza opera anche per il credito di imposta di cui al d.lgs. 27 luglio 1999, n. 287, che, da un lato, attiene oltre che agli investimenti diretti delle società nella ricerca industriale, anche agli interventi di sostegno all’occupazione, e, dall’altro, con gli articoli 4 e 6, rimanda in modo espresso all’art. 5 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ed al d.m. 22 luglio 1998, n. 275, con conseguente applicazione anche della prevista sanzione della decadenza“. (Cass. n. 34266/2021).

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