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Il Fisco può accedere in azienda senza giustificare l’accesso

Accesso in azienda

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 41903 del 29 dicembre 2021, ha statuito che non vi è più l’obbligo per il Fisco di informare il contribuente delle ragioni della verifica presso i locali dell’impresa.

Per la Cassazione la violazione della prescrizione inserita nell’art. 12 della Legge n. 212/2000 non comporta nullità dell’intera verifica e del successivo avviso di accertamento.

Tale violazione non prevede espressamente la sanzione della nullità, pertanto essa non può inficiare il successivo avviso di accertamento.

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L’articolo di riferimento

Art. 12, co. 1, Legge n. 212/2000

1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. (…)”.

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Fattispecie oggetto della pronuncia

A una società contribuente veniva notificato un avviso di accertamento, dopo un accesso (verifica fiscale) presso gli uffici della stessa impresa.

Veniva impugnato l’avviso di accertamento e la CTP lo accoglieva rilevando che l’atto era illegittimo per violazione dell’art. 12 della Legge n. 212/2000, perché gli accertatori, al momento dell’accesso, non avevano informato il contribuente delle ragioni che avevano giustificato la verifica fiscale.

La CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermava la sentenza della CTP.

Nel frattempo la società contribuente trasferiva la propria sede legale nel Regno Unito.

Ricorreva per la cassazione della sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate.

Non si costituiva la società contribuente.

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La decisione della Cassazione

Come sopra indicato, per la Suprema Corte in caso di accessi, ispezioni e verifiche, il contribuente deve essere informato dei motivi che l’hanno determinata e dell’oggetto della stessa, ma ciò non comporta nullità del successivo avviso di accertamento.

Ciò per diverse ragioni:

1. La disposizione dell’art. 12 non è assistita da una sanzione di nullità espressa.

2. Non esiste un principio generale di inutilizzabilità dei dati irritualmente acquisiti, salvo che non si sia consumata la violazione di precetti costituzionali (come l’inviolabilità del domicilio).

3. per la Cassazione non vi sarebbe neppure un divieto di contraddittorio preventivo. Esso deve essere espressamente previsto nell’art. 12 della legge del Contribuente. Non è configurabile nell’ordinamento interno il diritto generalizzato al contatto preliminare tra Fisco e contribuente, neppure per l’IVA (i limiti stabiliti dalla Giustizia europea operano solo nella fase accertativa e non in quella di mera acquisizione dei documenti: verifica fiscale, si veda la News del 15/01/2020)

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Violazione del divieto del fishing expedition

Quanto sopra deciso dal Supremo Consesso è in palese violazione dei diritti Europei che tendono a tutelare la vita privata di tutti i cittadini europei (persone fisiche o persone giuridiche).

In particolare, la Cassazione ha permesso una violazione del rigoroso divieto della c.d. fishing expedition, ovverosia il divieto di effettuare, secondo la traduzione letterale, le “spedizioni di pesca” finalizzate ad una ricerca indiscriminata di prove.

In buona sostanza, per effetto del divieto di fishing expedition, una pubblica autorità non può effettuare un accesso presso il domicilio del contribuente, senza essere in possesso di sufficienti indizi, ma al solo scopo di avviare una indagine meramente esplorativa, in quanto laddove così fosse, si violerebbe oltremodo il “principio di proporzionalità”, anche di matrice europea (si veda la News del 24 marzo 2018).

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