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Fisco. Fallimento della società: il legale rappresentante non è il curatore, ma sono ancora i soci

Fallimento e successione soci

La Cassazione, con la sentenza n. 1689 del 20 gennaio 2022, ha formulato un incredibile principio: in caso di fallimento della società il legale rappresentante non è il curatore fallimentare, ma sono ancora i soci.

La Suprema Corte fa un distinguo tra la procedura fallimentare (art. 10 R.D. n. 267/1942, Legge Fallimentare) e le altre situazioni come le pretese del fisco.

Per tale motivo la notifica di un avviso di accertamento al curatore fallimentare di una società fallita non è legittima.

L’avviso deve essere notificato sempre ai soci (ne basta uno) che della società ne sono gli eredi (si veda anche la News del 15/7/2020)

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Fattispecie oggetto della sentenza

L’Agenzia delle entrate aveva notificato rispettivamente a X s.r.l., titolare della quota del 90% della Y s.r.l., nonché ai due soci P (amministratore della X s.r.l.) e M, degli avvisi di accertamento con i quali aveva contestato il maggior reddito non dichiarato della società Y s.r.l., di cui gli stessi erano soci, in conseguenza della cancellazione della suddetta società dal registro delle imprese.

Avverso l’atto impositivo il Socio P, in nome proprio e a nome della società, nonché M, avevano proposto separati ricorsi che, previa riunione, erano stati rigettati dalla Commissione tributaria provinciale di Padova.

Avverso la decisione del giudice di primo grado avevano proposto appello P , in proprio e a nome della società, e M.

La Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: ai fini della decisione, dovevano essere considerate e definite separatamente le posizioni relative alla società X s.r.l. (rappresentata da P) rispetto a quella di M; con riferimento alla società, la circostanza che la società Y s.r.l. (di cui la prima era socia), sebbene cancellata dal registro delle imprese, era stata dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, comportava che la sua rappresentanza doveva essere attribuita al curatore del fallimento.

Quindi, l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto annullare l’avviso di accertamento notificato a X s.r.l. e riemetterlo nei confronti del fallimento.

L’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione, ed ha resistito la controricorrente.

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La decisione della Cassazione

Come sopra anticipato, per la Suprema Corte, in caso di fallimento della società destinataria di pretese fiscali, la notifica non deve essere eseguita al curatore fallimentare, ma anche a uno solo dei soci.

Il Supremo Consesso affronta due problematiche:

  1. Estinzione società ed effetto successorio verso i soci;
  2. La distinzione di contraddittorio tra società cancellata prima della notifica dell’atto e società fallita nel corso del processo.

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  1. Estinzione società ed effetto successorio verso i soci

Per la Cassazione “si è affermato il principio che, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali. A ciò va aggiunto, inoltre, che, in sede di accertamento, l’effettiva liquidazione e ripartizione dell’attivo e, prima ancora, ovviamente, la sua sussistenza, se costituisce fondamento sostanziale e misura, nonchè limite, della responsabilità di ciascuno dei successori, non può però anche ritenersi presupposto della assunzione, in capo al socio, della qualità stessa di successore e, correlativamente, della legittimità della notifica nei confronti del medesimo dell’atto impositivo. (Cass. n. 1689/2022).

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Quindi la cassazione attuta un distinguo tra la procedura fallimentare (art. 10 art. 10 R.D. n. 267/1942, Legge Fallimentare) e la procedura fiscale.

Per la Suprema Corte il Curatore fallimentare è Legale rappresentante solo nella procedura fallimentare, per le altre pretese (civili non fallimentari e fiscali) i legali rappresentanti (titolari del debito fiscale) sono i soci della ex società. Precisamente

“In sostanza, il limitato ambito di applicazione della previsione di cui all’art. 10, legge fallimentare, non legittima la considerazione che il sopravvenuto fallimento della società estinta entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese comporti il venire meno della soggettività passiva del socio della società estinta e, correlativamente, della sua legittimazione processuale, essendo questo la “giusta parte” del processo instaurato avverso l’avviso di accertamento allo stesso correttamente notificato quale successore.

La pronuncia censurata, quindi, non è conforme ai suddetti principi, avendo erroneamente ritenuto che la previsione di cui all’art. 10, legge fallimentare, comporti una “reviviscenza” della società con effetti che andrebbero oltre il limitato ambito entro la quale la specifica previsione in esame, come visto, deve trovare applicazione, non potendosi ritenere che, invero, la medesima previsione abbia la finalità di ricostituire una legittimazione passiva tributaria della società, estinta e fallita entro l’anno, che, invero, in forza dell’art. 2495, cod. civ., è configurabile solo nei confronti dei soci, a titolo successorio.” (Cass. n. 1689/2022).

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Da qui i problemi

  • ma quanti legali rappresentanti ha una società fallita? Il curatore per la procedura fallimentare ed i soci per la notifica degli avvisi di accertamento societari?
  • Se dall’estinzione della società non vi è più la società ed il curatore fallimentare non la rappresenta più, visto che i soci ereditano i debiti sociali, il Fisco non ha più titolo ad insinuarsi nel passivo fallimentare?

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  • La distinzione di contraddittorio tra società cancellata prima della notifica dell’atto e società fallita nel corso del processo.

In tale punto la Cassazione statuisce:

“Occorre, invero, distinguere tra il potere impositivo che può essere esercitato dall’amministrazione finanziaria a seguito della cancellazione ed estinzione della società di capitali e l’eventuale sopravvenienza, in corso di giudizio, dell’effetto estintivo della società.

Nel primo caso, cui è riconducibile la presente controversia, quel che si verifica è che, estintasi la società di capitali, s’instaura tra i soci medesimi, ai quali pertengono i diritti o i beni originariamente facenti capo alla società, un regime sostanziale di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione.

In questo ambito, l’amministrazione finanziaria non è tenuta a notificare l’avviso di accertamento necessariamente nei confronti di tutti i soci, potendo la pretesa essere fatta valere nei confronti dell’uno o dell’altro socio, senza che si determini una questione di invalidità dell’avviso di accertamento ove lo stesso non sia stato notificato a tutti i soci, (…).

Problema diverso, invece, è quello in cui l’evento interruttivo si è verificato in corso di giudizio nel quale era parte la società, poiché è in questo caso soltanto che, invero, può porsi una questione di non integrità del contraddittorio ove non siano chiamati in giudizio tutti i soci della società estinta.” (Cass. n. 1689/2022).

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