Cartelle di pagamentoNotificarottamazione liti

Rottamazione Liti: cartella notificata al cessionario è definibile anche con precedente avviso di accertamento

Rottamazione Liti e cessione azienda

Con la sentenza n. 25486 del 30 agosto 2022, in caso di Rottamazione Liti, la Cassazione ha equiparato la fattispecie che individua la cartella da controllo automatizzato come atto impositivo e la cartella derivata da un avviso di accertamento, ma emesso nei confronti del solo cedente. Nulla rileva che tale avviso di accertamento sia stato notificato anche alla società cessionaria.

In buona sostanza, per la Suprema Corte è definibile la lite relativa ad una cartella impugnata dal cessionario di un’azienda, anche se il precedentemente avviso di accertamento gli è stato notificato, ma formato solo nei confronti della società cedente.

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Norme di riferimento

ART. 6 D.L. N. 119/2018

1. Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

1-bis. In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.24

2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto, le controversie possono essere definite con il pagamento:

a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;25

b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado25.

2-bis. In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 2, per la parte di atto annullata.24

2-ter. Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia”

ART. 14 D.LGS. N. 472/1997

1.    Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.

2.    L’obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza.”

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La fattispecie

La società X cedeva la propria azienda alla C odierna controricorrente. La società cedente mutava poi il proprio nome in K e trasferiva la propria sede in altro paese in Italia e poi in un paradiso fiscale.

Dopo una verifica fiscale nei confronti di K veniva emesso un avviso di accertamento notificato a K, la quale mai lo impugnava. L’atto impositivo era comunicato pure alla C, ai fini della responsabilità solidale del cessionario d’azienda.

Successivamente il Riscossore formava la cartella e la notificava solo a C, la quale la impugnava eccependo, in particolare, la mancata preventiva escussione del debitore principale. LA CTP accoglieva il ricorso.

La CTR, però, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate, motivando che stante l’avvenuta estinzione della K, cancellata dal registro delle imprese e trasferitasi all’estero, era impossibile escuterla e, pertanto, l’Ente impositore aveva legittimamente preteso il pagamento dalla debitrice solidale (la Società C).

Questa decisione veniva impugnata con ricorso per revocazione: in conseguenza della decisione di primo grado, il ruolo e la cartella esattoriale erano stati annullati in autotutela dall’Ente impositore.

Veniva perciò formato dall’Amministrazione finanziaria un nuovo ruolo, sempre fondato sul medesimo avviso di accertamento redatto nei confronti della società K e notificata una nuova cartella di pagamento alla Società C che la impugnava. La CTP, però, respingeva il ricorso.

La Società C. formulata appello e, nel ricordare che il primo ruolo e la prima cartella erano stati espressamente annullati dall’Ente impositore, un nuovo ruolo era stato emesso, ma senza rispettare le previsioni del D.P.R. n. 602 del 1973.

In ogni caso, tale seconda cartella era tardiva perché relativa ad un avviso di accertamento del 20.10.2006 e la stessa cartella doveva essere notificata entro il termine perentorio del 3.12.2009 e non il 29.3.2012.

Infine, la CTR affermava che il Fisco aveva violato l’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, perché la responsabilità della cessionaria è sussidiaria, ma non era stata affatto tentata l’esazione nei confronti della debitrice principale la quale, peraltro, non si era estinta, ma aveva trasferito la sua sede all’estero. Inoltre, al momento in cui era intervenuta la cessione dell’azienda il debito erariale neppure esisteva.

Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto impugnazione per cassazione l’Agenzia delle entrate.

Successivamente, la società C ha promosso la procedura di definizione agevolata della controversia, ai sensi dell’art. 6 del D.I. n. 119 del 2018, cui l’Agenzia delle entrate ha opposto il diniego, affermando che trattasi di controversia “su atto di mera riscossione” non rientrante, pertanto, entro l’ambito di applicazione dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018.

In conseguenza la società C ha proposto ricorso per cassazione, contestando la legittimità dell’opposto diniego.

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha richiamato alcuni suoi precedenti relativi a precedenti Definizioni Liti e in particolare la Cass. SS. UU. n. 148298/2021 (si veda anche Cass. n. 35135/2021 e Cass. n. 1913/2021).

Successivamente ha precisato che la stessa Agenzia delle Entrate, con propria circolare n. 6 del 01/4/2019 precisava che, ai fini della Definizione Liti, è irrilevante il “nomen jiuris” dato all’atto, ma si deve valutare e considerare la natura sostanziale dell’atto.

In riferimento alla cessione d’azienda ed alla responsabilità del cessionario, per la Suprema Corte punto centrale è che l’avviso di accertamento, posto a base della cartella, anche se comunicato alla società cessionaria non vale per essa come una notifica della cartella.

La cessionaria (nel caso la società C) non può impugnarla e, pertanto, non essendo legittimata ad opporsi non le si può contestare che tale avviso di accertamento era il primo atto notificato.

Riportiamo i principali passaggi della sentenza qui in analisi:

-“sembra poi opportuno ricordare come la stessa Amministrazione finanziaria, con propria circolare esplicativa, nel cercare di fare chiarezza in materia – correttamente, e recependo l’orientamento di questo Giudice di legittimità – abbia affermato: “Occorre … evidenziare che, ai fini della definizione, rileva la natura sostanziale dell’atto impugnato, che prescinde dal “nomen iuris” utilizzato nella specie

tramite la quale la Società C è stata messa per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti. Appare pertanto integrata una condizione giuridica ai presenti fini analoga a quella propria delle cartelle di pagamento emesse ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, le quali hanno anche natura di atti impositivi, sebbene non costituiscano atti di qualificazione giuridica, bensì la risultanza di un controllo meramente c.d. cartolare della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente

Tanto premesso, in materia di cessione d’azienda, l’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 prevede, per la parte d’interesse, che “Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”.

la piena equiparabilità tra il debito d’imposta risultante dall’accertamento c.d. cartolare di cui all’art. 36 bis, ed il debito tributario (sussidiario) del cessionario d’azienda fondato su un avviso di accertamento emesso nei confronti del cedente.”

che l’avviso di accertamento notificato al debitore principale, società cedente l’azienda, non estende i suoi effetti alla società cessionaria, debitore sussidiario, neppure quando sia stata a questa notificato. Il cessionario dell’azienda, infatti, non è legittimato ad impugnare l’atto impositivo emesso nei confronti del cedente, potendo solo intervenire ad adiuvandum nel giudizio di opposizione da questo eventualmente promosso

il cessionario di azienda, non è legittimato ad impugnare gli atti impositivi, non essendo né destinatario dell’atto impugnato, né parte del rapporto controverso e non rientrando, quindi, tra i soggetti passivi dell’imposizione tributaria, unici a poter proporre ricorso

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