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FIDEIUSSIONE NULLA anche se il decreto ingiuntivo NON è opposto

Spesso gli istituti di credito nel concedere fidi o finanziamenti per attività d’impresa impongono anche fideiussione personali all’imprenditore o alla moglie. Tali contratti di fideiussione però contengo clausole già dichiarate nulle dall’AGCOM che possono essere fatte valere anche se il successivo Decreto Ingiuntivo non è stato impugnato, sul punto il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 31 ottobre 2019, ha sollevato la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

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Premessa

Quante volte un imprenditore si sente rispondere dalla propria banca che se vuole un fido o un, cosiddetto, “castelletto bancario” deve dare anche garanzie personali proprie e della moglie (fideiussione).

L’istituto di credito, per tutelarsi, chiede anche a semplici consumatori (il titolare d’impresa e/o sua moglie) di garantire con il loro patrimonio personale prestiti relativi all’attività di una impresa (anche di fatto).

In buona sostanza, la banca sposta sui fideiussori (le persone fisiche titolare dell’impresa e sua moglie) le conseguenze negative del mancato pagamento dei prestiti concessi all’impresa.

Inoltre, imponeva tale schema all’imprenditore:

prestiti all’impresa = anche fideiussioni personali e della moglie

con la solita formula: prendere o lasciare”.

Questo comportamento è stato considerato illegittimo dall’AGCOM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) nel 2005. Quindi le clausole presenti in contratti di fideiussione omnibus che regolavano tale modus operandi della banca sono nulle e non applicabili.

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Le clausole della Fideiussione omnibus bancaria NULLE

Nel 2003 l’Associazione Bancaria Italiana aveva proposto agli istituti di credito associati uno schema di fideiussione omnibus composto da 13 articoli. I principali che qui interessano sono:

Tutte queste clausole che venivano automaticamente riportate nei contratti di finanziamento che la banca proponeva ai suoi clienti, venivano dichiarate illegittime dall’AGCOM nel 2005.

L’Autorità Garante della Concorrenza (AGCOM) ha considerato tali clausole che venivano riportate nei contratti bancari da far sottoscrivere ai clienti (con la formula “prendere o lasciare”) erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, let. a della Legge anti-Trust (Legge n. 287/1990) e quindi NULLE.

La Norma anti-Trust violata è la seguente:

(…) 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel:

  1. a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”

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La decisione dell’ABI e la modifica delle clausole NULLE

La Banca d’Italia, pertanto ritenne gli articoli sopra indicati siano illegittimi e quindi nulli perché:

A luglio 2005 l’ABI propose uno schema totalmente diverso agli istituti di credito per i loro contratti, che recepisse le indicazioni dell’AGCOM.

Pertanto, gli ulteriori contratti già predisposti con le precedenti clausole dichiarate in contrasto con la normativa anti-trust sarebbero stati considerati nulli, o quantomeno le relative clausole.

 

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La decisione della Corte d’Appello di Bari sentenza n. 45 del 15/1/2020

La Corte di Appello di Bari, sentenza n. 45/2020 del 15/01/2020, (si veda anche Tribunale di Salerno, sentenza n. 480 del 5/02/2020; Cass. n. 21878/2019; Cass. n. 28910/2017) ha statuito la illegittimità della fideiussione che contenga ancora le clausole (sopra indicate) dichiarate anticoncorrenziali perché in violazione dell’art. 2 L. n. 287/1990 (Legge anti-Trust). Cioè di quelle garanzie fideiussorie stipulate sulla base di moduli uniformi ABI ritenuti illeciti (come sopra precisato).

Il Collegio pugliese ha osservato che:

La Corte d’appello pugliese quindi ha dichiarato la nullità dell’intero contratto di fideiussione ai sensi dell’art. 1419, 1° comma, c.c..

Pertanto, la condizione necessaria e sufficiente per ritenere che l’invalidità dell’intesa “a monte” tra istituti di credito (moduli predisposti dall’ABI per gli istituti di credito), volta a restringere la concorrenza, si estenda in via derivata anche al contratto di garanzia “a valle” (stipulato da singola banca con il suo cliente), è la mera coincidenza delle condizioni contrattuali pattuite con il Modulo ABI dichiarato illegittimo con il contratto effettivamente sottoscritto dal Fideiussore (che può essere anche la moglie dell’imprenditore).

 

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L’ordinanza del Tribunale di Milano e la possibilità di far annullare un decreto ingiuntivo NON OPPOSTO

       Orbene, considerando le premesse sopra riportato abbiamo che i contratti di fideiussione fatti sottoscrivere dalla banca ai suoi clienti sono nulli se contengono le “vecchie” clausole dichiarate illegittima nel 2005 dall’AGCOM.

L’ordinanza del Tribunale di Milano del 31/10/2019 ha come fattispecie proprio un contratti bancario con fideiussione omnibus contenente proprio quelle clausole illegittime, perchè in contrasto con una disposizione anti-Trust.

Tali clausole essendo in contrasto con norme imperative sono nulle (art. 1418 c.c.). Tale nullità è rilevabile d’ufficio dal Giudice, anche perché persegue interessi generali dell’ordinamento, tra i quali rientra la tutela della categoria economica più debole (come il semplice consumatore).

Il Tribunale di Milano era in funzione di Giudice dell’esecuzione, cioè l’azione del recupero del credito della banca era in una fase avanzata. Vi era già stata la notifica del Decreto Ingiuntivo. Esso era stato correttamente notificato e non opposto. Quindi era stato emesso il precetto, questo sì impugnato.

Il Tribunale di Milano, quindi, non avrebbe competenza sui presupposti che hanno generato il Decreto Ingiuntivo non opposto.

Il Tribunale dovrebbe solamente decidere sulle modalità dell’esecuzione eseguita dalla banca e sulle somme escutate. Nulla sul merito della fondatezza del credito vantato dall’Istituto di Credito.

Pertanto, il Tribunale meneghino ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la soluzione delle seguenti questioni pregiudiziali:

  1. a) “Se ed a quali condizioni il combinato disposto degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea osti ad un ordinamento nazionale, come quello delineato, che preclude al giudice dell’esecuzione di effettuare un sindacato intrinseco di un titolo esecutivo giudiziale passato in giudicato, allorquando il consumatore, avuta consapevolezza del proprio status (consapevolezza precedentemente preclusa dal diritto vivente), richieda di effettuare un simile sindacato“;
  2. b) “Se ed a quali condizioni il combinato disposto degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea osti ad un ordinamento come quello nazionale che, a fronte di un giudicato implicito sulla mancata vessatorietà di una clausola contrattuale, preclude al giudice dell’esecuzione, chiamato a decidere su un’opposizione all’esecuzione proposta dal consumatore, di rilevare una simile vessatorietà e se una simile preclusione possa ritenersi esistente anche ove, in relazione al diritto vivente vigente al momento della formazione del giudicato, la valutazione della vessatorietà della clausola era preclusa dalla non qualificabilità del fideiussore come consumatore

Per il Tribunale, il modulo fatto sottoscrivere dalla Banca al cliente ed il consolidamento del decreto ingiuntivo non opposto contrastavano con le disposizioni europee, precisamente:

 

In buona sostanza, al Giudice di Milano era sorto il dubbio se la procedura “speciale” della richiesta di un decreto ingiuntivo fosse sufficientemente  garantista degli interessi del consumatore, in presenza di clausole NULLE nei contratti sottoscritti.

L’art. 641 c.p.c., dispone che il Giudice con una valutazione sommaria dei soli documenti prodotti dal creditore, senza contraddittorio tra le parti emetta il decreto ingiuntivo da notificare al debitore per, poi, instaurare un contraddittorio effettivo.

Nel caso in cui il debitore, che riceve il decreto ingiuntivo, volesse, per qualsiasi motivo (ad esempio i costi del professionista che lo deve difendere), NON opporsi a tale decreto, poi, nell’impugnare il successivo precetto, il Giudice dell’esecuzione può sindacare le clausole vessatorie presenti nel contratto di fideiussione?

Si ricorda sempre che:

Il dubbio è:

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Questo quesito è stato sollevato alla Corte di Giustizia Europea e se venisse accolto travolgerebbe molti decreti ingiuntivi NON opposti. E’ quindi cosa buona opporsi al successivo precetto e, se vi sono i presupposti, eccepire il principio giurisprudenziale del Tribunale di Milano.

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