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Sezioni Unite: ritenuta d’acconto, non la deve pagare il sostituito

La Cassazione, con la Sentenza a Sezioni Unite n. 10378 del 12 aprile 2019, ha finalmente statuito che, in caso ritenuta d’acconto, non deve corrisponderla il sostituito (con le relative sanzioni), se il sostituto non l’ha versata.

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Tale sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, veniva già da noi segnalate con la News del 3/1/2019.

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La ritenuta di acconto

E’ il caso in cui un soggetto (sostituito: professionista/lavoratore autonomo) legittimamente scomputa le ritenute d’acconto subite (non “richieste” a pagamento con la fattura), ma il sostituto (colui che ha ricevuto la prestazione e quindi la fattura al netto della ritenuta d’acconto) non le versa all’erario come dovrebbe per legge.

In tale circostanza il sostituito si vedrà “invitato” dall’Agenzia delle Entrate a corrispondere tali somme (a distanza di anni, con l’applicazione di pesanti sanzioni ed interessi), in luogo del sostituto. Tale pretesa dell’erario deriva dalla circostanza che sia il sostituto che il sostituito sono SOLIDALMENTE responsabili verso tale obbligazione tributaria (ritenuta d’acconto). Entrambi la devono corrispondere.

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La fattispecie oggetto della sentenza

Un contribuente impugnava una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale (ex art. 36ter D.p.r. n. 600/1973) per la riscossione di somme che il suo sostituto d’imposta non aveva versato. Tale contribuente aveva regolarmente ricevuto solo le somme al netto della ritenuta ed aveva operato in dichiarazione tali ritenute.

Prima la CTP e poi anche la CTR avevano dato ragione al contribuente.

Per i Giudice regionali vi era il diritto per il sostituito allo scomputo delle ritenute d’acconto effettuate dal sostituto. I giudici d’appello sono arrivati a tale conclusione perché non si applica l’art. 35 del D.p.r. 600/1973, in virtù del quale la solidarietà si applica soltanto in ipotesi di omissione sia della ritenuta, sia del relativo versamento.

Avverso tale decisione della CTR ricorreva in Cassazione l’Agenzia delle Entrate (che all’udienza di discussione, però, “tentava” di rinunciare al proprio ricorso).

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Le norma in questione

La Suprema Corte, nel pronunciare tale solenne sentenza, si è riferita, principalmente, alle seguenti norme:

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La decisione della Cassazione a Sezioni Unite

Tale contrasto giurisprudenziale tra due distinti orientamenti della Cassazione veniva già sollevato al Primo Presidente della Suprema Corte con l’ordinanza n. 31742 del 07 dicembre 2018 (si veda News del 3/1/2019).

Orbene, la Suprema Corte a Sezioni Unite, innanzitutto, ha ben individuato e distinto il concetto di solidarietà d’imposta (tra sostituto e sostituito d’imposta, art. 35) da quello di sostituzione d’imposta.

Vi è solidarietà d’imposta tra sostituto e sostituito solo se il primo non va versato l’acconto della ritenuta ed il sostituito non abbia operato la relativa ritenuta (in buona sostanza che non abbia ricevuto come pagamento anche la somma a titolo di ritenuta).

Nella sostituzione d’imposta, invece, il soggetto passivo d’imposta è sempre il sostituito, potendo il sostituto intervenire, eccezionalmente, solo nel processo. Con tale premesse si era poi giunti in giurisprudenza ad affermare che i due soggetti rispondono sempre di una sola ed unica obbligazione tributaria.

Successivamente la Suprema Corte concludeva precisando che il dovere di versare la ritenuta di acconto costituisce una obbligazione autonoma rispetto all’imposta che la legge ha posto a carico del sostituito.

Inoltre, l’art. 35 D.p.r. n. 602/73 prevede una speciale solidarietà del sostituito per l’obbligo di versare la ritenuta d’acconto, ma se vi sono tali due presupposti:

1. mancato versamento da parte del sostituto;

2. omessa effettuazione della ritenuta da parte del sostituito.

Da qui l’enunciazione del principio:

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