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Il contribuente non può chiedere l’oscuramento dei dati personali nella sentenza Tributaria

Con l’ordinanza n. 22561 del 10 agosto 2021, la suprema Corte ha statuito che le sentenze emesse dal Giudice tributario non contengono (di per sé) dati sensibili e, quindi, non incidono su diritti personalissimi del contribuente. Per tale ragione, a detta della Cassazione, non sussiste alcun motivo per oscurarle (si veda anche la News del 5 settembre 2018 sulla nuova disciplina della Privacy.

Questo perché il contenzioso tra contribuente e fisco riguarda solamente la diversa interpretazione della legge tributaria da applicare

Situazione diversa vi è quando oggetto del contendere vi è l’onore e la reputazione del contribuente per attività illecite o per condotte elusive. In questo caso vi sarebbe un giustificato motivo per oscurare la sentenza tributaria.

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La fattispecie oggetto della sentenza

La fattispecie era relativa ad un avviso di liquidazione per maggiori imposte di registro, di un lastrico solare in riferimento ad una compravendita.

L’avviso veniva impugnato dal Notaio e dal contribuente eccependo che il lastrico solare era una pertinenza dell’acquisto della prima casa è l’imposta di registro era stata calcolata (e pagata) correttamente.

La CTP di Padova dava ragione al contribuente ed al Notaio.

L’Agenzia delle Entrate interponeva appello che veniva accolto dalla CTR Veneto. Per la Corte Regionale il lastrico non rientrava nelle pertinenze (dell’art. 1 Nota II bis della prima parte del Tur).

Avverso la predetta sentenza proponevano ricorso in Cassazione il Notaio ed il contribuente con, principalmente, istanza per l’omissione di oscuramento dei dati sensibili del ricorrente del Notaio stesso, nel caso di comunicazione della sentenza a terzi, ai sensi dell’art. 52, co. 1, del D.Lgs. 196/2003.

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Norma di riferimento

Art. 56 D. Lgs. n 196/2003 (Tutela dell’interessato)

1. Le disposizioni di cui all’articolo 10, commi 3, 4 e 5, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, si applicano anche, oltre che ai dati destinati a  confluire  nel  Centro  elaborazione  dati  di  cui all’articolo 53, a dati trattati con l’ausilio di strumenti  elettronici  da organi, uffici o comandi di polizia. (norma ora abrogata dall’art. 49, co. 1, D.Lgs. n. 51/2018)

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La decisione della Corte

Come sopra indicato, la Cassazione non ha individuato la necessità che la sentenza del Giudice tributario abbia in sé l’oscuramento dei dati sensibili dei ricorrenti (nome, cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita, eccetera). La fattispecie oggetto della sentenza non aveva come oggetto l’onore e la reputazione del contribuente per attività illecite o per condotte elusive (anche se nel merito della questione la Suprema Corte dava ragione definitivamente al Notaio ed al contribuente).

Sul punto la Cassazione ha stabilito:

in linea generale, può dirsi che una contesa tributaria fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l’erario offrono di una norma di legge, non contiene alcun dato sensibile, nè si tratta di materia particolarmente delicata come ad esempio quelle che incidono sui diritti personalissimi; non essendovi imputazione di illecito, non sono neppure in discussione l’onere e la reputazione delle parti, che non hanno tenuto un comportamento elusivo, ma si limitano a dissentire dalla interpretazione data dall’erario ad una norma di legge, con tesi peraltro fondata, come appresso si dirà” (Cass. n. 22561/2021)

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