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INDAGINI FISCALI: DOCUMENTI NON PRESENTATI, SONO POI UTILIZZABILI IN PROCESSO, PER IL CREDITO IVA

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 19938 del 27 luglio 2018, ha precisato che non vi è preclusione sull’utilizzo dei documenti in fase processuale se non prodotti prima in fase di indagine, qualora la richiesta non era specifica (si veda anche news del 24 marzo 2018).

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La norma

Art. 32, comma 3, D.p.r. n. 600/1973 (per dirette): “Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”.

Art. 52, comma 5, D.p.r. n. 633/1972 (per IVA): “I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto d’esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.

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La fattispecie

Un contribuente impugnava un avviso di accertamento con oggetto recupero fiscale anche ai fini IVA.

La CTP di L’Aquila rigettava il ricorso perchè dichiarava inutilizzabili i documenti prodotti dal contribuente, visto e considerato che gli stessi non erano stati prodotti in fase di indagini all’Agenzia delle Entrate che li aveva richiesti.

La CTR confermava la preclusione, in particolare per l’IVA, dell’art. 52, comma 5, D.p.r. n. 633/1972 e rigettava l’appello del contribuente.

Quest’ultimo ricorreva in Cassazione che gli dava ragione sulla possibilità di detrarre i crediti IVA basati su documenti non prodotti all’Agenzia delle Entrate in fase di indagini.

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La decisione dalla Cassazione

Questa pronuncia della Suprema Corte è molto interessante perchè conferma (e precisa) 2 importanti principi:

  1. Sulla preclusione di utilizzo dei documenti non prodotti all’Agenzia delle Entrate in fase di indagine

    La Cassazione individua dei ben chiari presupposti perchè tale preclusione sia attuabile:

    a. La richiesta di documenti dell’Agenzia delle Entrate deve, obbligatoriamente, essere specifica (non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto”, Cass. n. 19938/2018). La pretesa dell’Ufficio non può avere come oggetto una richiesta del tipo: “tutta la documentazione contabile relativa all’anno d’imposta 2016”. Essa deve indicare l’elenco specifico della documentazione richiesta.

    (a.1. Tale invito deve anche contenere lo specifico avvertimento che in caso di rifiuto la conseguenza sarà la non utilizzabilità di tali documenti nella successiva fase processale. Tale presupposto non è espressamente indicato nella sentenza in commento, ma è chiaramente richiesto in altre pronunce, si veda da ultimo la Cass. n. 7011/2018).

    b. Conseguenza al primo punto, vi deve poi essere un illegittimo rifiuto del contribuente che comporta la preclusione dell’utilizzo di tali documenti.

    In buona sostanza, dopo la specifica richiesta il contribuente non può rifiutare la produzione per semplice rifiuto (rifiuto doloso), oppure accampare scuse relativa alla non regolare e completa tenuta delle scritture contabili (rifiuto colposo).

  2. Sul credito IVA da usare in compensazione

    La Suprema Corte, rifacendosi alle pronunce della Corte di Giustizia Europea, ha confermato che il fatto costitutivo del credito IVA non deriva da meri obblighi di registrazioni o dall’invio delle dichiarazioni IVA. Tale rapporto tributario con il Fisco è ravvisabile solo dalla effettiva esistenza delle operazioni imponibili IVA.

    Quindi anche in caso di mancata dichiarazione IVA e con contabilità non formalmente regolare, il credito IVA sussiste se le operazioni relative sono lo stesso provabili.

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