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Prescrizione, ecco come la si deve verificare

La Suprema Corte, con la sentenza n. 11814 del 18 giugno 2020, ha precisato quale sia il principio da seguire in riferimento al termine di prescrizione da applicare per le pretese tributarie ed extra-tributarie. Per la Cassazione si deve sempre tener in considerazione la natura del credito vantato per stabilire il termine dio prescrizione. E’ sempre la legge che stabilisce tale termine di prescrizione per singola pretese.

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La fattispecie oggetto della sentenza

Una società contribuente impugnava un atto d’intimazione di pagamento eccependo, in particolare, la non notifica delle cartelle sottostanti e l’intervenuta prescrizione quinquennale.

In primo grado la CTP dava ragione alla società contribuente perché il Riscossore depositava tardivamente la documentazione relativa alla notifica delle sottostanti cartelle (art. 32 D.Lgs. n. 546/1992).

La CTR, però, dava atto della legittimità e tempestività della produzione, in appello, della documentazione che il Riscossore aveva prodotto in ritardo in primo grado.

Inoltre, la CTR aveva affermato che per i tributi erariali si doveva applicare la prescrizione ordinarie dell’art. 2946 c.c. E non la prescrizione quinquennale del’art. 2948 n. 4 c.c.

Avverso tela sentenza ricorrenza in Cassazione la società contribuente e resisteva con appello incidentale il Riscossore.

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Il principio della Cassazione sui termini prescrizionali

Il Supremo Consesso ha statuito il principio base da considerare ogni qualvolta si vuole considerare o individuare il termine prescrizionale applicabile per ogni pretese tributaria o extra-tributaria:

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(Per individuare tutti i termini prescrizionali per singolo tributo o extra-tributo: CLICCA QUI)

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In buona sostanza, la Cassazione individua i seguenti passaggi:

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