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Dilazione con il fisco, non interrompe la prescrizione perchè ha il solo fine di arrestare il Riscossore

La Suprema Corte, con l’Ordinanza n. 13506 del 29 maggio 2018, ha confermato il proprio orientamento: il pagamento parziale di dilazione accettata dal Riscossore non è acquiescenza del debito e non interrompe la prescrizione, neppure per le pretese dell’INPS. Tale principio possiamo, oramai, considerarlo consolidato per la Suprema Corte.

Diverse sono state le pronunce, anche recenti, che lo confermano (si veda news del 5 aprile 2017; del 19 luglio 2017; del 5 gennaio 2018).

Tuttavia, la sentenza qui in commento ha aggiunto che la dilazione (salvo espressa volontà contraria del contribuente), è emessa solamente per arrestare le azioni del Riscossore (in particolar modo se subito dopo viene formulato ricorso).

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La fattispecie

Una società di capitali formulava opposizione avanti al Giudice del Lavoro verso diverse intimazioni di pagamento, con oggetto pretese contributive dell’INPS.

La ricorrente eccepiva la intervenuta prescrizione quinquennale ex art. 3, commi 9 e 10, Legge n. 335/1995, forte anche della pronuncia della Cassazione SS. UU. n. 23397/2016. Tale solenne sentenza statuiva la prescrizione in 5 anni per i diritti contributivi e la non conversione di tale termine prescrizionale breve in quella decennale per la non impugnazione della cartella 8 è necessario che vi sia una sentenza passata in giudicato).

Il tribunale e poi la Corte d’Appello davano ragione alla Società ricorrente sulla prescrizione delle obbligazioni contributive e sulla non interruzione del termine quinquennale di prescrizione in quello decennale.

Avverso tale sentenza della Corte d’Appello, formulava ricorso per Cassazione prima l’Agente della riscossione e poi anche l’INPS. Resistenza la Società contribuente.

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La decisione

Come sopra anticipato la Cassazione, con la Ordinanza n. 13506/2018, ha rigettato il ricorso dell’Agente della Riscossione e dell’INPS, confermando la decisione della Corte d’Appello.

Il Supremo Consesso non si è discostato dal principio espresso dalle Sezioni Unite, con la Sentenza n. 23397/2016, ed ha precisato:

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