Fideiussione

Fideiussione: il preliminare è nullo se tale garanzia è inferiore all’acconto dato

La fideiussione in sufficiente è causa di nullità, se l'immobile non è ultimato

La Suprema Corte, con l’ordinanza del 19510 del 18 settembre 2020, ha dichiarato nullo un preliminare di compravendita, perché la fideiussione rilasciata dal promissario venditore era inferiore alla caparra pagata dal promissario acquirente.

Importante è precisare che la questione è relativa alla nullità, cosiddetta, relativa (a tutela dell’interesse di una parte) ed ad un immobile non ultimato( si veda anche la News del 10/07/2020).

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Norma di riferimento

Art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 122/2005:

“1. All’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’articolo 1938 del codice civile, di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento.”

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La fattispecie oggetto decisione della Cassazione

Veniva stipulato un preliminare di compravendita di un immobile.

Tra le clausole inserite in tale preliminare veniva indicata come condizione che il promissario acquirente doveva prima vendere un altro immobile.

Il promissario acquirente versava al promissario venditore una caparra confirmatoria pari ad €40.000,00. Il promissario rilasciava una fideiussione dello stesso valore, come previsto dall’art. 2. D.Lgs. n. 122/2005.

Le parti si accordavano per un rinvio della data del definitivo e, pertanto, il promissario acquirente versava una ulteriore caparra di €90.000,00 (totale versato €130.000,00).

Il promissario venditore, però, versava una ulteriore fideiussione di soli €102.960,00 e dopo la scadenza indicata nel preliminare per la stipula del definitivo.

Infine, non si concludeva la vendita.

Il promissario acquirente, quindi, citava in giudizio il promissario venditore per la restituzione delle somme versategli €130.000,00), visto che il promissario venditore aveva consegnato una fideiussione inferiore (€102.960,00).

Sia il Tribunale che la Corte d’appello davano ragione promissario acquirente, dichiaravano nullo il preliminare e condannavano controparte alla restituzione della somma di €130.000,00.

Il promissario venditore ricorreva per Cassazione.

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte, innanzitutto, ha indicato e precisato il fine dell’art. 2 del D.Lgs. n. 122/2005.

Tale norma ha come fine quello di tutelare in modo incisivo (nullità relativa) la parte più debole in un contratto preliminare di compravendita, nel caso in cui l’immobile oggetto della stipula non sia ancora ultimato.

Tale possibile nullità del contratto a favore del promissario acquirente è diretta conseguenza proprio della non ultimazione dell’immobile da vendere.

Perché il promissario acquirente non rimanga con “un pugno di mosche in mano”, la legge (art. 2 D.Lgs. n. 122/2005) impone, pena nullità del contratto, la consegna da parte del promissario venditore di una fideiussione dello stesso importo delle somme già versate.

In buna sostanza, per la Cassazione, perché il preliminare di vendita sia dichiarato nullo ex art. 2 D.Lgs. n. 122/2005 precisa che vi devono essere:

  • La garanzia fideiussoria rilasciata dal promissario venditore per un importo inferiore rispetto alle somme versate dal promittente acquirente, a titolo di caparra confirmatoria;
  • l‘immobile oggetto del contratto non deve essere ultimato.

Per la Cassazione n. 19510/2020 poco rileva che:

  • la fideiussione sia stata consegnata dopo la scadenza della data indicata nel preliminare;
  • non si sia manifestata l’insolvenza del venditore e non risulti in alcun modo pregiudicato l’interesse del promissario acquirente (si veda la Cass. n. 30555/2019).
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