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Cassazione: la dilazione blocca la confisca penale.

La Cassazione penale ha affermato che è illegittima la confisca penale se è stato presentato un piano di dilazione con il fisco.

Precisamente, il legale rappresentante di una società veniva condannato dal Gip per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 3 D.lgs. n. 74/2000) e veniva, altresì, ordinata la confisca dei beni nella disponibilità del legale rappresentante a concorrenza dell’imposta evasa (per equivalente), al netto delle somme già corrisposte con il piano di rateazione concluso con l’Agenzia delle Entrate. Contro tale decisione veniva proposto ricorso in Cassazione.

Ebbene, l’art. 10, comma 1, D. Lgs. 24 settembre 2015 n. 158, ha introdotto il nuovo art. 12bis del D. Lgs. n. 74/2000 che, al comma 2, nel caso di condanna o di applicazione della pena per uno dei delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000 prevede che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario (tramite: accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateazione automatica o a domanda) anche in presenza di sequestro.

Ebbene, la Cassazione n. 28225 del 7 luglio 2016 ha modificato la precedente interpretazione sfavorevole per il Contribuente (Cass. n. 5728 del 11 febbraio 2016) affermando l’assunzione dell’impegno è di per sé sufficiente a impedire la confisca sia diretta (in capo alla Società), sia per equivalente (in capo al legale rappresentante). Pertanto la confisca sui beni del legale rappresentante non era legittima essendoci stata già una dilazione con il Fisco.

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