TARI

Si può impugnare subito anche la bolletta TARI

TARI ed impugnazione bolletta

Per la Suprema Corte (Ordinanza n. 1797 del 20 gennaio 2023) è ammissibile l’impugnazione direttamente del “bollettino” di pagamento della TARI inviato dal Comune.
Per il processo tributario non vi è una lista rigida degli atti impugnabili (art. 19 D.Lgs. n. 546/19921).

Possono essere contestati avanti la Corte di Giustizia Tributaria gli atti che hanno in sé le ragioni fattuali e giuridiche della pretesa tributaria, come la richiesta di pagamento della TARI del Comune, appunto la richiesta di pagamento con la bolletta.

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SUL PUNTO LA CASSAZIONE

in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria; tale facoltà, tuttavia, non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa (…);” (Cass. Ord. n. 1797/2023)

“La sentenza impugnata non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha acriticamente ritenuto che la bolletta TARI del 2018 – (…) – come nel caso di specie – portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria cosicché ben può dirsi, non solo in ragione dei suddetti principi di cui agli artt. 24, 53 e 97 Cost. ma anche in ragione di quelli in tema di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 6 CEDU (cfr. Cass. n. 39660 del 2021), che sussista l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 cod. proc. civ. senza necessità di attendere che tale pretesa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato”. (Cass. Ord. n. 1797/2023)

Come sopra indicato anche dall’Ordinanza in commento, sarà poi necessario impugnare anche il successivo atto tipico (tipo ingiunzione fiscale o atto di accertamento del Comune) per non far consolidare la pretesa del Comune e farsi dichiarare il ricorso inammissibile

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ATTI FACOLTATIVAMENTE E ATTI OBBLIGATORIAMENTE IMPUGNABILI

La Suprema Corte ha ricorda la distinzione giuridica tra atti FACOLTATIVAMENTE impugnabili ed atti OBBLIGATORIAMENTE impugnabili.

I primi sono quelli expressis verbis indicati nell’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992.

I secondi, invece, sono quelli non espressamente indicati nella lista di tale art. 19.

In buona sostanza, la mancata impugnazione degli atti facoltativamente impugnabili non pregiudica alcuna possibilità per il contribuente per impugnare il successivo atto: la pretesa non è consolidata e non modificabile. Si riporta la giurisprudenza più recente della Cassazione:

Ed invero Questa Corte, con orientamento condiviso, ha più volte affermato che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti (…) All’affermazione della facoltà di proporre immediata impugnazione dell’atto non espressamente indicato dall’articolo appena menzionato non è, tuttavia, affiancata la cristallizzazione della pretesa tributaria, ove l’impugnazione non sia effettuata e la pretesa venga successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’articolo menzionato, perché l’impugnazione è, appunto, una facoltà della parte, e non un onere, e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza (operante solo se normativamente prevista) per il caso in cui essa non venga esercitata (in tal senso, v. Cass., Sez. 5, n. 2616 dell’11/02/2015; Cass., Sez. 6-5, n. 14675 del 18/07/2016; Cass., Sez. 5, n. 11471 dell’11/05/2018; Cass., Sez. 5, n. 27805 del 31/10/2018; Cass., Sez. 5, n. 1230 del 21/01/2020)>>, nonché, in tali termini, Cass. 29/10/2021, n.30736. Il suesposto principio risulta affermato anche con specifico riferimento alla comunicazione di irregolarità (Cass. 11/05/2012, n. 7344)” (Cass. n. 26523 del 08/09/2022).

“Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere, d’impugnazione di atti diversi da quelli specificamente indicati nel citato art. 19 (….), il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento; ciò comporta che la mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (ossia la cristallizzazione) di questa pretesa, che può essere successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dallo stesso art. 19 (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 ottobre 2007, n. 21045; Cass., Sez. 5^, 25 febbraio 2009, n. 4513; Cass., Sez. Un., 11 maggio 2009, n. 10672; Cas., Sez. 5^, 11 maggio 2015, n. 2616; Cass., Sez. 5^, 8 maggio 2019, n. 12150; Cass., Sez. 5^, 21 gennaio 2020, n. 1230; Cass., Sez. 5^, 3 novembre 2021, n. 31259).” (Cass. n. 1213 del 17/01/2023).

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