Contributo Unificato Tributario

Contributo unificato. Per la ratio va pagato per un solo atto impugnato

Per l'intimazione non si considerano le cartelle per il contributo unificato

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con la sentenza n. 1088 del 11 marzo 2019, ha affrontato l’ennesimo questione del pagamento del contributo unificato tributario.

Precisamente, se, in caso di impugnazione di intimazione di pagamento, tale tassa di iscrizione debba essere calcolata anche per le sottostanti cartelle.

Per il Giudici provinciali il contributo è dovuto solo per l’intimazione di pagamento, senza considerare le sottostanti cartelle, perché ciò che conta è la ratio della norma (art. 14 D.p.r. n. 115/02): “l’esigenza di ristorare i costi del funzionamento dell’apparato giudiziario” (CTP Mi n. 1088/2019).

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La fattispecie oggetto della sentenza

Una contribuente impugnava un atto d’intimazione di pagamento e, tra i vari motivi d’impugnazione, veniva formulata anche la mancata notifica delle prodromiche cartelle di pagamento.

Per tale causa la ricorrente corrispondeva la tassa di iscrizione della causa (C.U.T.) pari al valore dei tributi (al netto di sanzioni ed interessi, nonché degli oneri) solo per l’intimazione di pagamento.

La stessa nel ricorso introduttivo, pur chiedendo al Giudice l’annullamento dell’intimazione di pagamento e delle prodormiche cartelle, dichiarava, ex art. 14, comma 2, D.p.r. n. 115/2002, che per il valore della controversia doveva essere considerato solo l’atto d’intimazione, perché le sottostanti cartelle erano atti impugnati ex art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992.

Tuttavia, come sempre succede, la cancelleria della Commissione adita notificava alla contribuente prima un sollecito di pagamento e poi un atto di irrogazione delle sanzioni con il quale duplicava il contributo unificato. La Cancelleria chiedeva il pagamento del contributo unificato per l’intimazione di pagamento e per ogni singola cartella presupposto. Ciò perché la normativa novellata precisa che il contributo unificato va corrisposto per ogni atto impugnato.

La stessa, però, impugnava tale atto di irrogazione di sanzioni con il quale la commissione richiedeva l’integrazione del contributo unificato.

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L’evoluzione normativa del calcolo del contributo unificato

L’art. 14, comma 3-bis, D.p.r. n. 115/2002 (norma che regola la modalità di calcolo del contributo unificato), prima della modifica, prevedeva:

  • Nei processi tributari, il valore della lite, determinato ai sensi del comma 5 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni del ricorso, anche nell’ipotesi di prenotazione a debito”.

In riferimento a tale testo normativa si inseriva la famosa sentenza della CTP di Vicenza n. 147/2013 (CTR Toscana n. 537/2018), precisamente:

  • Quello che rileva è il valore della controversia e non certo il valore del singolo atto contenente il tributo, e il valore della lite, in caso di ricorso cumulativo, ovvero di ricorso proposto avverso più provvedimenti, è dato dalla gomma dei vari tributi (o delle varie uniche sanzioni) contenuti nei provvedimenti impugnati. La disciplina del ricorso cumulativo nel processo tributario, nella carenza di alcuna disposizione specifica, è posta, come sopra premesso, dall’art. 104 c.p.c. (per il quale opera il generico rinvio disposto dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 1992) e che il predetto art. 104 impone l’osservanza dell’art. 10, secondo comma c.p.c. secondo il quale il valore della causa, in caso di pluralità di domande proposte nello stesso processo contro la medesima parte, è determinato dalla somma di esse(vedi la news del 30/08/2018).

Successivamente l’art. 1, comma 598, let. a) Legge n. 147/2013 ha modificato tale art. 14, comma 3-bis, D.p.r. n. 115/2002 ed ha precisato che il contributo unificato deve essere corrisposto per ogni atto impugnato:

  • Nei processi tributari, il valore della lite, determinato, per ciascun atto impugnato anche in appello, ai sensi del comma 5 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni del ricorso, anche nell’ipotesi di prenotazione a debito”.

Basandosi su tale modifica legislativa le cancellerie delle commissioni tributarie, in caso di impugnazione di intimazioni di pagamento (nonché di iscrizione di ipoteca o fermi amministrativi), chiedono importi esagerati per il contributo unificato.

Tale tassa viene pretesa sia per l’intimazione, sia per tutte le cartelle prodromiche, con oggetto tributi. Per tali cancellerie non vie era un solo atto impugnato, ma più atti.

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La decisione della CTP di Milano

Orbene, proprio in riferimento a tale ultima modifica legislativa dell’art. 14 D.p.r. n. 115/2002 , quindi considerando il termine “per ciascun atto impugnato” la CTP di Milano ha accolto il ricorso della contribuente.

Per i Giudici meneghini tale art. 14 deve essere interpretato considerando la sua ratio. Quest’ultima è proprio “nell’esigenza di ristorare i costi” del processo instaurato. Precisamente:

  • La ratio del contributo unificato va ravvisata nell’esigenza di ristorare i costi del funzionamento dell’apparato giudiziario o dell’erogazione delle risorse a sua disposizione (come si desume da Corte Costituzionale, 30 maggio 2016, n. 120). Orbene, osserva la Commissione che, nella fattispecie in esame, la circostanza che l’oggetto del contenzioso fosse costituito da un atto di intimazione di pagamento, implica l’unitarietà della controversia, a prescindere dall’eventuale esercizio del rimedio recuperatorio avverso gli atti ad essa prodromici” (CTP MI n. 1088/2019).

Pertanto, in considerazione della ratio della norma il contributo unificato calcolato e corrisposto in riferimento alla sola intimazione di pagamento è corretto e sufficiente.

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