Cancellazione Società

Società cancellata, gli atti non possono essere notificati all’ex liquidatore/ex socio

Deve essere notifico all'ex liquidatore un atto autonomo e distinto da quello societario

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 3750 del 14 febbraio 2020, ha confermato che, in caso di cancellazione di Società prima del 13/12/2014, la richiesta di pagamento dei tributi e dei contributi societari deve essere notificata direttamente all’ex liquidatore ed all’ex socio, ma con atto autonomo e diverso da quello societario (ex art. 36 D.p.r. n. 602/1973). E’ nullo l’atto da notificare alla società cancellata inviato all’ex socio ed all’ex liquidatore.

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La fattispecie oggetto della sentenza

Una società di capitali veniva cancellata dal registro delle imprese in data 27/02/2014. Successivamente, veniva notificato alla società avviso di accertamento per tributi Ires, Iva e Irap. Tale avviso veniva impugnato in proprio dall’ex socio, anche come ex liquidatore della società cancellata.

La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, ma la CTR accoglieva l’atto d’appello del Fisco, perché considerava retroattiva l’applicazione dell’art. 28, comma 4 e comma 5, D.Lgs. n. 175/2014, che crea una fictio iuris sull’esistenza della società cancellata: per il Fisco, anche se cancellata la Società, essa esiste per altri 5 anni (per maggior informazioni e spiegazioni sulla cancellazione delle società e sull’art. 28, comma 4, D.Lgs. n. 175/2014, si veda la News del 28/11/2019).

Ricorreva per Cassazione il contribuente eccependo, principalmente che:

  • l’art. 28, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 175/2014 non ha effetto retroattivo e quindi non può applicarsi alla fattispecie oggetto di causa;

  • la CTR ha errato a considerare valido un avviso di accertamento della Società notificato agli ex soci ed all’ex liquidatore.

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Articoli di riferimento

ART. 28, comma 4 comma 5, D.Lgs. n. 175/2014:

4. Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.

5. All’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma primo è sostituito dal seguente: «I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.»”;

b) al comma terzo è aggiunto il seguente periodo: «Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria.».”

Art. 2495 c.c.

[1] Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.

[2] Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

Art. 36 D.p.r. n. 602/1973

I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori.

I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile. Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria.

Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.

La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il primo comma dell’articolo 39.”

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I principi della Cassazione

La Suprema Corte, innanzitutto, ha precisato che le novelle dell’art. 28, comma 4 e comma 5, del D.Lgs. n. 175/2014 non hanno effetto retroattivo e, quindi, nella causa affrontata non si applica la fictio iuris che considera ancora esistente la società cancellata. La richiesta di cancellazione della società era del 27/02/2014 e la normativa in questione è entrata in vigore in data 13/12/2014.

Successivamente ha precisato:

  • posta tale premessa, circa l’inapplicabilità, ratio temporis, del comma 4 del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, alla fattispecie di causa, va altresì evidenziato che per procedere nei confronti dei soci di una società estinta è del tutto insufficiente la mera notifica ad essi dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società medio tepore estintasi, tale circostanza ponendosi solo come <<presupposto della proponibilità dell’azione nei confronti dei soci>> (Cass. S.U. n. 6070 e 6071 del 2013), da esercitarsi con un autonomo e diverso atto impositivo che dia atto della sussistenza dei presupposti legittimanti la responsabilità del socio ex art. 36 d.p.r. n. 602 del 1973 (… l’Amministrazione finanziaria può agire in via sussidiaria nei confronti dei soci, nei limiti di cui all’art. 2495 c.c., sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, ma è tenuta a dimostrate i presupposti della loro responsabilità e, cioè che, in concreto, vi sia stata distribuzione dell’attivo e che una quota di quest’ultimo sia stata riscossa, non potendo allegare per la prima volta in appello la circostanza …)” (Cass. n. 3750/2020)

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