Contributo Unificato Tributario

Contributo Unificato, impugnabile anche l’invito al pagamento

contributo unificato e impugnabilità atti

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 22971 del 17 agosto 2021, ha affermato la distinzione tra atti obbligatoriamente impugnabili e quelli facoltativamente impugnabili.

I primi sono quelli espressamente indicati nell’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 e se il contribuente non li impugna la conseguenza è la cristallizzazione della pretesa tributaria.

I secondi, invece, sono quelli non espressamente indicati nell’elenco dell’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 e, nel caso di mancata impugnazione, la pretesa tributaria ivi contenuta NON si consolida e può essere messa in contestazione anche con l’impugnazione del successivo atto. Tra questi atti vi è anche l’invito al pagamento della tassa per l’iscrizione della causa a ruolo: Contributo Unificato (vedi anche le altre NEWS, CLICCA QUI)

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La fattispecie oggetto dell’ordinanza

Un avvocato impugnava avanti alla CTP l’invito al pagamento spontaneo del residuo importo di € 305,00 dovuto a titolo di contributo unificato, relativamente a ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto innanzi al Tribunale, calcolato dall’Amministrazione della giustizia in ragione del valore della instauranda causa civile di merito, ricomprendente una domanda di risarcimento danni, di valore maggiore rispetto a quello di € 1.000.000,00 dichiarato nell’atto processuale.

A sostegno del ricorso deduceva, in particolare, che il contributo unificato è dovuto in ragione del valore della domanda cautelare; la controparte deduceva, invece, la non opponibilità dell’atto impugnato, in ragione della tassatività dell’elencazione contenuta nell’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992.

L’adita CTP respingeva il ricorso dell’Avvocato rilevando, tra l’altro, che il valore della causa, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., è “indeterminabile”.

La CTR respingeva l’appello principale del contribuente ed accoglieva parzialmente l’appello incidentale del Ministero della Giustizia, affermando che l’atto impugnato, in quanto “rinvia a separato e successivo provvedimento la determinazione di sanzione relativa al ritardato pagamento”, non è autonomamente impugnabile.

Per la cassazione della sentenza il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione.

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La norma in questione

Art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 (Atti impugnabili e oggetto del ricorso)

1. Il ricorso può essere proposto avverso:

a) l’avviso di accertamento del tributo;

b) l’avviso di liquidazione del tributo;

c) il provvedimento che irroga le sanzioni;

d) il ruolo e la cartella di pagamento;

e) l’avviso di mora;

e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni;

f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’ art. 2, comma 2;

g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;

h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

h-bis) la decisione di rigetto dell’istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l’Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE;

i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l’ indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell’ art. 20.

3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente.

Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.

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La decisione della Cassazione

La Suprema Corte, quindi, ha considerato non tassativo l’elenco dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 e, basandosi anche sull’interesse del contribuente di impugnare l’atto notificato (ex art. 100 c.p.c.), ha precisato:

L’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, rappresenta una facolta’ e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilita’ d’impugnazione con l’atto successivo (Cass. n. 26129 del 2017).

In quest’ottica, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, piu’ volte citato articolo 19, tutti gli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorche’ tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attivita’ esecutiva, (…).”

Non puo’, del resto, dubitarsi sul fatto che sorga in capo al contribuente destinatario, gia’ al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex articolo 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non piu’ modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimita’ sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico”.

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