Autotutelarottamazione liti

Il provvedimento di diniego di autotutela è impugnabile avanti al Giudice Tributario, per interesse generale.

Autotutela e Rottamazione Liti per cartelle

La Cassazione, con la sentenza n. 24652 del 14 settembre 2021, ha affermato l’impugnabilità dell’atto di diniego di autotutela rientra nell’elenco dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 (si veda anche la News del 10/11/2020).

Inoltre, sempre tale pronuncia ha precisato che il Giudice deve annullare tale diniego di autotutela per interessi generali, anche se ha per oggetto un atto tributario non impugnato (si veda anche News del 27/05/2020).

Tale sentenza n. 24652/2021 è utile perché, in riferimento alla possibilità di considerare come atti oggetto della definizione Liti ex art. 6 D.L. n. 119/2018, anche le cartelle di pagamento ex art. 36bis D.p.r. n. 600/1973 (si veda News del 29 gennaio 2021).

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Fattispecie oggetto della sentenza

L’Agenzia delle entrate notifico’ ad un contribuente, amministratore unico della XXXXXX s.r.l., avviso di accertamento. L’atto non veniva impugnato.

A seguito di iscrizione a ruolo delle somme portate dall’atto impositivo, notifico’ anche cartella di pagamento, che venne impugnata dal contribuente che contesto’.

2. La Commissione tributaria provinciale di Alessandria respinse il ricorso sul rilievo che l’atto avrebbe potuto essere oggetto di censura solo per vizi propri, stante la intervenuta definitivita’ dell’avviso presupposto, non impugnato nei termini di legge.

3. Ricevuta intimazione di pagamento dal Concessionario, il contribuente presento’ istanza di autotutela, con la quale ribadi’ la sua estraneita’ alle riprese fiscali, e, non avendo ricevuto risposta, notifico’ atto di diffida; con nota prot. 2008/13616 del 31 luglio 2008, l’Agenzia delle entrate, nel sottolineare la discrezionalita’ dell’Amministrazione nel rispondere per iscritto all’istanza di autotutela afferente atto ormai inoppugnabile, comunico’ provvedimento di diniego di autotutela.

Avverso la suddetta comunicazione di diniego di autotutela il contribuente (che negava di avere ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento) propose ricorso, sottolineando quale unico limite all’intervento in autotutela l’esistenza di un giudicato sostanziale.

4. La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso contro il diniego di autotutela, rilevando che l’atto impugnato rientrava nel novero di quelli ricorribili ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19 e che l’unico limite all’esercizio del potere di autotutela era costituito dal giudicato sostanziale.

In esito all’appello proposto dall’Ufficio finanziario, la Commissione tributaria regionale, con la sentenza in epigrafe richiamata, confermo’ la sentenza impugnata, ritenendo, alla luce dei limiti posti dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7388 del 2007, che nel caso di atti ormai definitivi per mancata impugnazione potessero essere oggetto di autotutela solo quelli connotati da infondatezza, ossia viziati sotto il profilo sostanziale in ordine ai presupposti dell’imposizione.

Precisato, altresi’, che il giudice poteva sindacare l’atto impositivo investito della relativa istanza di autotutela, affermo’ che la pretesa avanzata con l’avviso di accertamento era infondata, dato che per il pagamento dell’imposta ritenuta evasa rimaneva unica responsabile la societa’, mentre per le sanzioni applicate difettava la prova che il contribuente avesse compiuto atti illegittimi, come prescritto dal Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 11, comma 2.

5. Contro la decisione d’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, con due motivi, cui ha resistito il contribuente.

6. In data 27 marzo 2019 il Contribuente ha presentato domanda di definizione agevolata delle liti della controversia tributaria pendente, a norma del Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119, articolo 6 convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, provvedendo al versamento della prima rata e avanzando istanza di sospensione del processo ai sensi del Decreto Legge n. 119 del 2018, articolo 6, comma 10.

7. L’Agenzia delle entrate, in data 22 maggio 2020, ha notificato provvedimento di diniego della definizione agevolata della controversia tributaria, motivando che “dell’articolo 6, il comma 1 prescrive che la definizione agevolata attiene alle controversie pendenti “aventi ad oggetto atti impositivi”, vale a dire avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione di sanzioni, atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati e ogni altro atto di imposizione che rechi una pretesa tributaria quantificata.

Ne deriva che restano escluse dalla definizione le liti avverso gli atti diversi da quelli precedentemente indicati, tra cui quello oggetto di causa, ovvero il diniego espresso all’istanza di autotutela, in quanto non costituisce atto impositivo ne’ reca una pretesa determinata.

Avverso tale diniego di definizione agevolata delle liti pendenti ex art. 6 D.L. n. 119/2018, proponeva ricorso in unico grado il contribuente.

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La decisione della Corte

Cartella di pagamento e definizione liti pendenti

Come sopra anticipato, la Suprema Corte ha ammesso la possibilità della definizione delle liti pendenti anche per pretese oggetto di cartelle ex art. 36bis D.P.R. n. 600/1973. Precisamente:

L’impugnazione della cartella di pagamento, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente, origina comunque una controversia definibile in forma agevolata, in quanto detta cartella, essendo l’unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo(Cass. n. 24652/2021).

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Impugnabilità del diniego di autotutela

Inoltre, ha precisato che, pur non essendo indicato nell’elenco dell’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 l’atto di diniego di autotutela, lo stesso è impugnabile anvati al Giudice Tributario.

Precisamente:

Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 16778 del 2005, 44-) facendo leva sul «carattere generale» della giurisdizione tributaria, assunto dopo la novella del 2001 n. 448, hanno affermato che, nonostante la mancata inclusione del provvedimento — tacito o espresso — di diniego di autotutela nell’elenco di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, esso è suscettibile di impugnativa giurisdizionale dinanzi al giudice tributario.“ (Cass. n. 24652/2021).

Tuttavia, sempre in tale sentenza, viene anche precisato che l’oggetto dell’impugnazione del diniego di autotutela deve essere l’interesse generale.

Precisamente:

seguendo una linea mediana che ammette il sindacato sul diniego di autotutela, ha sostenuto che esso può riguardare solo profili di illegittimità del rifiuto di annullamento opposto dall’Amministrazione, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale, per cui il vaglio del giudice non può riguardare la fondatezza della pretesa tributaria, ormai definitivamente preclusa, determinandosi altrimenti una indebita sostituzione dell’autorità giudiziaria alle scelte discrezionali dell’amministrazione, peraltro con riferimento ad un atto ormai divenuto inoppugnabile. In altri termini, si è ritenuto che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa impositiva” (Cass. n. 24652/2021).

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